martedì, aprile 29, 2008

Schizofrenia


Non dare retta a tutte quelle voci che ti danno del folle.
Quelle voci non esistono.
Mi senti?!
(R. Buchago - Afuorismi)

lunedì, aprile 28, 2008

Gente che scrive poco ma spesso

Mannaggia.
Con i racconti polaroid avevo già toppato. Un lettore del blog (una singolarità cosmica) mi aveva avvertito che già Douglas Coupland aveva sperimentato il racconto brevissimo. Allora gli ho cambiato nome (Racconti solubili) e per un po' tutto ok: ne ho fatti 7-8 e li ho postati (cliccando la voce "Racconti Polaroid" qui a destra, vengono elencati tutti). Oggi sulla repubblica.it scopro che Gabriele Romagnoli li scrive e li pubblica da un bel po' sul sito in questione (la rubrica si chiama "Navi in bottiglia") e che ci ha pure fatto un libro vero. Di carta. S'intitola "Solo i treni hanno la strada segnata" (Mondadori, 16 €, credo..). 
Certo il nome è diverso, ma il principio è lo stesso: esaurire tutta la trama in poche righe (per lui sono 30). 
A questo punto mi lascerò annegare nella mia rinnovata banalità...

giovedì, aprile 24, 2008

Perchè scrivo?


Ma perchè diamine Vi butto giù così
Una dietro l’altra
Come tessere di un puzzle
Forse per sentirmi meno inutile
Quando qualcuno mi chiede Chi sei, che ci fai qui?
Piccole parole sparse
Quando vi lascio sul foglio
Siete già più vere di me
E allora lo chiedo a voi.
Che ci fate qui? Chi siete?

(R. Buchago - Dimmi parole sporche - 2008)

sabato, aprile 19, 2008

Racconti solubili #7

(A Thomas).

Lo so che può sembrare un racconto inventato, ma ti giuro che è così.
Parlavo con Thomas proprio l'altro giorno. Te lo ricordi Thomas? Be' l'ho cercato perchè mi doveva dare dei programmi per il Mac e mi ha detto tutto ok ci vediamo quando arrivi a Spezia. Pensavo di beccarlo dopo cena, se Michela non si metteva a rompere troppo. Si con la storia dei bambini, lo sai com'è fatta. Insomma mi son detto, passo da lui carico i file e poi magari ce ne andiamo a bere una birra in Scaletta e a fare due chiacchiere.
Verso le 6 arrivo al casello di Spezia e mi suona il cellulare, ma non riesco a rispondere subito perchè stavo discutendo con Michela e non avevo messo l'auricolare. E' così che ho saputo che c'era stata la tromba d'aria lì da voi. Si, insomma la forte tempesta di vento.. perchè tromba d'aria è un po' esagerato Ma comunque, quando arrivo sotto casa dei miei, vedo che la chiamata è di Thomas e allora lo richiamo. Quando mi risponde gli faccio come va e lui allora mi dice che è in lutto e che per un mese non esce e non fa più vita sociale perché è in lutto. Mi fa - le cose brutte che ti capitano sono un segnale che hai fatto del male e che in qualche modo devi espiare. Sono stato ad ascoltare in silenzio, mentre cercavo di capire chi gli fosse morto. Sai non è sposato e allora ho pensato prima alla madre, che vive con la nonna. Poi al padre che vive da solo. Ma il tono non era così giù e allora non ci ho capito nulla. Me ne sono rimasto a sentirlo parlare. Pensavo prima o poi mi dice che gli è successo e chi gli è morto, magari era uno dei suoi scherzi. Allora ha iniziato a raccontarmi tutto. Poveraccio non scherzava, ma la cosa era davvero bizzarra.
Mi fa - l'altro giorno mi sono preso l'influenza e allora me ne son rimasto in casa. Verso 12 mi sono alzato e con il piede ho pestato una cosa stranissima. L'ho rotta. Era viscida di color marrone con striature rossastre. Puzzava pure un po'. Mentre ne guardavo i resti uscire dalla pianta appoggiata del mio piede destro mi sono pure accorto di essermi ferito il piede con i resti di questa cosa che avevo rotto. Zoppicando sono arrivato in bagno e ho preso della carta igienica e ho iniziato a pulirmi. Mi sono pure levato quei pezzettini taglienti che mi avevano ferito. Avevo pestato un uovo e mi ero ferito con il guscio.
Un uovo? E chi ce lo aveva messo lì?, gli dico.
Mi sono incuriosito ancora di più, lo sai che sono curioso e che queste storie strane mi piacciono e lui allora mi dice che dopo un po' di pensieri gli viene in mente Raymond. Forse è una cosa sua, ho pensato, mi fa. Io sapevo che aveva in casa un'iguana, ma non mi ricordavo che si chiamasse così. A essere sincero tu lo sai quanto mi facciano schifo quegli animali. Allora gli dico, ma non era un maschio Raymond? E lui mi fa - lo pensavo anch'io ma sai quando l'ho preso nemmeno il veterinario poteva capirlo con certezza. Insomma per farla breve mi racconta che l'iguana gli è morta perchè si era messa a fare le uova senza motivo e forse non è riuscita a espellerle tutte così si è intasata ed è morta.
Te l'ho detto è una storia vera. No l'iguana non l'ha chiamato Raymond in onore di Carver, almeno io non gliel'ho mai chiesto. Si lui legge anche quelle cose, ma non penso sia per quello. E poi lui aveva messo un pavone in un racconto, non un iguana.
Questo non è un racconto.

(aM 7.2008)

martedì, aprile 15, 2008

Cortocircuito mentale

Mi è venuta in mente una canzone dei Litfiba, stranezze del flusso di pensiero.
"Eroi nel vento" e subito sono arrivato a ricordare che molte persone nella loro vita fanno qualcosa per far del bene anche agli altri, senza un tornaconto personale. Mi piace pensare a questi EROI, che sono la cosa più lontana da me che ci sia, perchè sono interessanti come i buchi neri, le elezioni in Italia e le altre singolarità dell'universo.
E ancor di più lo sono quelli che alla fine, purtropo, non verranno ricordati a lungo. 
Penso ad esempio a Pippa Bacca. La sua estrema  performance (andare da Milano a Gerusalemme vestita da sposa) nei panni della pace per rappresentare e sostenere questo bel sostantivo (forse il più astratto della storia dell'umanità) si è conclusa come forse doveva: la pace viene stuprata e ammazzata.
Magari ho letto male io la sua vicenda nei vari giornali e su internet, ma guardate voi stessi come la storia, come l'eco di un grido, la renderà sempre meno presente nelle coscienze delle masse.
Cliccate qui ogni settimana se ve lo ricorderete: è un link a google news già impostato sulla voce "Pippa Bacca". Quello che scoprirete sarà che i risultati forniti dal magico motore di ricerca saranno sempre meno. La cosa è spiazzante perchè queste persone sono forse l'unico motivo per cui ha ancora un senso vivere (per poter essere loro testimoni).
Almeno io proverò a non dimenticarle ed è per questo motivo che mi sono fatto questo post come memo. Da qui in avanti se ne scopro altri farò lo stesso.
Credetemi, abbiamo tutti bisogno di portare avanti la loro memoria.

giovedì, aprile 10, 2008

lontano lontano (per lavoro)


Gente sui treni 
molto tardi
la notte
la vita resiste a tutto
(o quasi)

R. Buchago - Dimmi parole sporche 2008

sabato, aprile 05, 2008

venerdì, aprile 04, 2008

Ma io dov'ero?

E poi un giorno ti accorgi che non sei testimone di tutto quello che (ti?) capita intorno. Non che non lo sappia, ma una cosa è saperlo e una cosa è percepirlo con chiarezza.
Così parli con un amico di cose come "la villetta di Cogne", "il video sado di Mosley", la sigla di Goldrake, e ti godi questo patrimonio conoscitivo condiviso. Quando, d'un tratto, ti racconta di un gruppo musicale "fantastico che non puoi non conoscere". E la cosa più strana è quando ti dice che in realtà non si riferisce a un gruppo nuovo, ma a un gruppo che ha già fatto il suo percorso: primi concerti, ascesa, stasi, discesa, scioglimento.
Aggiunge anche che Jeffrey Lee Pierce, che poi era di fatto il fondatore e l'anima dei Gun Club è morto nel '96.
Sono basito e curioso, come quando entro in una libreria e penso a quante storie e idee non riuscirò a conoscere mai.

Ricorda!

incontro con un vecchio amico.
Mi scrivo per non dimenticare :
- Tony Face (not moving)
- jadeice.blogspot
- gun club
- etc
- etc

mercoledì, aprile 02, 2008

Vorrei dare una coerenza a tutto ciò

Prima o poi voglio tentare un palinsesto serio per questo blog qualcosa del genere al lunedì racconti, al martedì recensioni...in questo modo riuscirei a impormi un po' di autodisciplina...spero.

martedì, aprile 01, 2008

Racconti solubili #6 (parte 0)

(a Massimo V.)



Sono eccitatissimo e mi sento anche un po’ pirla per questo.
Chiedo scusa al tipo a destra perché nella fretta di agguantare il treno devo averlo spinto un po’.
Mi ha guardato male, ma tutto passa. E’ venerdì sera e per giunta molto più speciale di un normale venerdì sera. Che già è speciale di per sé. Ho preso il treno prima e così potrò prepararmi con calma. Prenderò la borsa, che mi ha preparato la Silvia, un bacio ai bambini già a tavola, e poi di filato al campo in sintetico del Circolo “Amici del Bosco”. La finale del torneo di calcio a 5 Memorial “P. Rossi”. Niente di meglio di una sgambata per scaricare la tensione di una settimana di lavoro. Che se ne vadano tutti a cagare…loro e quella presentazione per lunedì. Mi sono portato dietro il computer, domani o domenica una botta e la metto giù. Spero solo di non ridurmi a finirla domenica notte, dopo il posticipo. C’è il derby e me lo vado a vedere al bar. Speriamo di non perderlo. Non ce la farei a lavorare con la sconfitta in testa. No, domani lo finisco. Stavolta non faccio la stessa fine dell’altra volta. Mi siedo pure dal finestrino, che culo!
Devo sembrare stralunato questo vecchio mi fissa con attenzione. Mai visto, eppure li riconosco quasi tutti i passeggeri qui. Stesso tragitto dal lunedì al venerdì negli ultimi 15 anni, salvo ferie e feste comandate…e le malattie. Poche. Mi tocco mentre lo penso, con attenzione visto che davanti a me, a fianco del vecchio c’è una bella ragazza. Sui 25, capelli neri lisci. Sorrido e lei ricambia.
Che sia la mia giornata fortunata? Penso al match di stasera e al week-end davanti, poi tiro fuori dalla borsa il Corriere e vado subito alle pagine dello Sport che mi sono tenuto da leggere da stamattina, all’andata. Queste cose riesco a leggerle senza perdere il filo. Con i libri non ci sono mai riuscito eppure c’ho provato. L’ultimo tentativo l’ho fatto con un libro che mi ha fatto comprare un mio collega. Un tipo strano, un artistoide che in banca gli fanno fare sempre i progetti speciali. Non è proprio tagliato per la banca. Ho letto le prime 50 pagine e poi l’ho lasciato a casa, nel portariviste che ho in bagno tra la tazza e il bidè. Magari lo finisco prima o poi. Strade blu, già dal titolo dovevo capire che era una minchiata.

(continua)

Racconti solubili #6 (parte 1)

(continua dal blog successivo...strano eh?!)

Arrivare a pagine 50 è stata una vera pena. Non riuscivo a concentrarmi. Invece quando leggo il giornale il tempo passa, passa veloce. Fuori è già buio, non si vede nulla. Solo neon di qualche capannone, lampioni di strade, fari della coda di auto sparate fuori dalla città. Il grande centro commerciale. Mi rituffo sull’articolo che parla della serie B e mi c’inoltro senza difficoltà. Quando sposto la gamba urto quella del vecchio. Alzo lo sguardo e chiedo scusa con la mano e con l’espressione del viso. Mai visto, eppure li riconosco tutti i passeggeri qui. Non c’ho mai scambiato delle parole, ma i visi, i vestiti e le loro espressioni li conosco bene. Passo più tempo con loro, ormai, che con mia moglie e i miei figli.
Il vecchio mi sorride poi si alza il pantalone della gamba che gli ho scontrato sino al ginocchio, lasciandomi vedere una protesi di legno. Sembra un birillo d bowling rovesciato con la punta tonda all’altezza della caviglia (dovrei dire al posto della caviglia). Dev’essere lo snodo che permette alla parte nella scarpa di simulare il movimento del piede. Mi guarda e mi dice “non ho sentito niente, non si preoccupi” poi sorride dando due colpi con le nocche sulla protesi. Toc toc. Abbozzo un mezzo sorriso e cerco subito di cambiare discorso con lo sguardo, mi giro verso la ragazza carina seduta al suo fianco. Sorride anche lei. Le ricambio il sorriso aggiungendo nell’espressione del mio volto un ammiccamento come per dire “tipetto strano questo vecchietto”. Non so dire come ci riesca a farlo, penso solo a stirare la bocca all’indietro, spalancando lievemente gli occhi. Si una cosa così. Mi dimentico anche che il vecchio può avermi visto, ma la ragazza mi affascina e poi ricambia il mio sguardo. M’invento una faccia piacente e la indosso.

(continua)


Racconti solubili #6 (parte 2)

(continua dal post seguente...strano eh?!) 

 Ogni mio movimento adesso è rappresentazione. Guardo l’orologio con un movimento da samurai, preciso ed elegante. Mi viene in mente quel mio amico che si era così innamorato di un film, e delle movenze del protagonista, da imitarne gli improvvisi scatti per spostarsi da una posizione di quiete all’altra. Era un film vecchio, forse di Antognoni (lo ricordo perché ha lo stesso nome del giocatore di calcio), mi sembra di aver provato a vederlo ma nonostante ci fosse di mezzo un giallo non sono arrivato in fondo. Il titolo era “blou”…”blou” e qualcos’altro. Lei continua a guardarmi e mi sorride. Mi sento contento della sua attenzione. Adesso le dico qualcosa, manca poco e devo scendere. Il treno rallenta, per me, inaspettatamente, vedo il cartello della stazione avvicinarsi: Canegrate?
Ma come Canegrate…? Ma dove mi trovo adesso, su che treno sono salito. Un rush d’ansia mi fa sudare freddo in un attimo. Chiedo al vecchio, mentre la ragazza mi fissa quasi interdetta: “ma dove va questo treno?”. Lui sorride rispondendomi “Busto Arsizio!”. La risposta peggiore per me, che pensavo di essere sul treno per il pezzo di Hinterland che sta da tutt’altra parte. In un secondo devo prendere una decisione. Lo faccio e mi alzo di scatto, come quel mio amico affascinato dal film con il regista che ha il nome del giocatore di calcio. Mi metto il cappotto, lascio il giornale chiuso male e in fretta sulla cappelliera e prendo la mia borsa. Arrivo veloce sul ballatoio dove si aprono le porte per scendere. Devo pure aver pestato un piede alla ragazza. Non ho avuto il coraggio di guardarla per chiederle scusa. A dire il vero non me ne frega più niente del suo sorriso. Sono sul binario 2 della stazione di un paesino di nome Canegrate, davanti al cartellone sbiadito con gli orari dei treni.
Le luci dei neon sembrano buttare fuori una malinconia da emigrante. Mi sento a milioni di anni luce da casa. Non c’è nessuno qui a parte me: è una di quelle stazioni senza biglietteria e sala d’aspetto. Devo tornare indietro a Milano Porta Garibaldi è ora scopro che il primo treno è alle 19 e 45.
Cinque minuti dopo l’inizio della finale del mio torneo di calcio a cinque.