domenica, agosto 31, 2008

Racconto solubile #16

Sono arrivato a Bagno di Romagna che il sole era tramontato da
pochissimo.

Ne vedevo ancora qualche tiepida striatura in alto, verso il passo dei
Mandrioli, almeno credo perché non conosco bene il posto.

Sapevo dove andare ma non sapevo bene dove fosse la mia vera meta del
viaggio.

Cercavo un parcheggio, avvertendo un po' d'ansia: volevo fare il check
in in albergo e poi cercare un posto dove cenare prima che la cucina
chiudesse.

Scartai qualche riga blu e un non molto chiaro parcheggio libero ma
solo con tagliando verde e alla fine, non senza qualche rischio, la
sistemai in un buco in un vialetto alberato.

Non era lontano dal centro. Me ne accorsi percorrendo quella che aveva
tutti i crismi di essere la via principale. A ogni metro aumentava la
gente e il rumore di una musica indistinta.

Alla fine la strada finì nella piazza principale e la musica divenne
la mazurka che accompagnava, s'un palco a livello strada, una scuola
di ballo di Cesena.

Il presentatore abbronzato stava chiamando sul palco una coppia
giovane per una salsa cubana, quando trovai l'albergo.

Una decina di anziani stazionava nel piccolo dehor sul davanti.
Probabilmente già si preoccupava dell'orario in cui sarebbe finito lo
spettacolo.

Entrai, posai le valige e mi misi alla ricerca di quel posto.

Dalla piazza presi per errore – che errore! – il lungo Savio. Il viale
alberato era buio, mi mise voglia di fischiettare, nonostante in
lontananza il rumore della scuola da ballo mi faceva sentire come il
ragazzo che nuota dove non si tocca ma vedendo vicino lo scoglio si da
coraggio e gode della paura allo stesso tempo.

Che strani che siamo, eh?

Il rumore della musica sparì di colpo lasciandomi al buio senza legami
con la vita.

Di colpo 4 figure scure mi si fecero incontro. Le peggiori che potessi
mai incontrare.

Sulla musica di un pezzo di cui non ricordo più il nome hanno iniziato
a cantare: "gira bagno di romagna perché è un cesso, un cesso un cesso."

Per un attimo ho sperato non ce l'avessero con me, poi però una delle
4 ragazzine (sui 14 anni, credo) ha detto: "c'ha pure i baffi" e
quindi senza dubbio si riferivano a me.

Con buona pace della mia autostima, mi sentii come mi avessero dato un
calcio nei coglioni.

Mi sono ributtato verso la luce, alla ricerca di quel posto.

Ripensavo ai miei problemi passati quando avevo meno d 18 anni e mi
sentivo poco apprezzato. Avessi subito allora una cosa del genere
sarei impazzito.

Le case basse attorno alla via erano tutte in sasso. I negozi di
prodotti dolciari, liquori centerbe e miele di castagno si alternavano
a moscissime gallerie d'arte e negozi di souvenir con tanto di
braccialetto con il tuo nome inciso a laser.

Il mio posto dev'essere qui, non troppo lontano, pensai.

Di colpo una scritta catturò la mia attenzione: libreria (Via
Palestro, strada medievale).

Girai l'angolo e mi trovai davanti all'inaspettato.

Una strada tra due file di casette basse, e verso il fondo una serie
di archi a tutta volta la attraversavano, portandoci sopra a volte una
stanza con finestre, a volte un giardino sospeso, a volte un
ponticello. Ai lati della strada dei faretti nel terreno e dei
lampioncini in stile '800, tracciavano la mia via verso la fine della
stessa.

Era una strada magica e la percorsi tutta.

Così magica che mi dimenticai il posto in cui volevo andare.

(aM 16.2008)

giovedì, agosto 14, 2008

La vita è muffa.

V

Senti

E' un pezzo che ti si avvolge alla gola

Proprio quello

Tra i mille che la radio ti può sputare fuori

È proprio quello

Di colpo non vedi più la strada e le tue mani da 40enne

E il volante adesso è quello di una 127

La luce torna a profumare di '70

E il tempo non ha più i colori che cambiano a secondo dei giorni

Lunedì non morde ancora

In questa vita fatta da te per te

Strano

Il cuore accelera un po'

La canzone parla di uno che farà di tutto per avere lei

Ci piangevi quasi

Facevi il coro nel pezzo in cui lei era l'unica donna per te.

Adesso

A bordo di questa Opel familiare che finirai di pagare tra un po'

Ti manca il soggetto del testo

Non ti sembra più così adatto.

E di sicuro non faresti molto per averla.

Ma il pensiero ti disturba poco.

Ti basterà dare quest'ultimo tiro alla sigaretta

Buttarla fuori e poi fermarti per farla salire coi bambini.

Domenica pomeriggio all'IKEA.

(Muffe, R. Buchago 2008, traduzione di M. Selaschetti)

venerdì, agosto 08, 2008

domenica, agosto 03, 2008

Racconti solubili #15

"Il caffè è pronto".

Torno al mondo con questa frase in testa. Mi giro e mi asciugo la bava ai bordi della bocca poi mi stiro.

Tu mi guardi che sei già in piedi.

"Stanotte che Julian mi ha fatto dormire ho fatto un incubo"

Non rispondo perché ho ancora tutta la notte in bocca e non mi si muove la lingua.

"Ma non era un incubo normale era più la trama di un film horror"

Metto il braccio dietro alla testa, sul cuscino e ti guardo mentre parli.

"C'era un corso di quelli che fanno le aziende di perfezionamento..ma non sulle cose di lavoro..sull'autostima e quelle robe tipo camminare sui carboni ardenti..com'è che li chiamano?"

Mi guardi alla ricerca di una risposta che io conosco ma non ho voglia di dirti, adesso.

Ancora non mi partono le parole così ti mostro un'espressione del tipo non lo ricordo.

"..comunque, alla fine li ammazzano tutti..e la cosa buffa è che i partecipanti vengono selezionati in base al tipo di scarpe che indossano..ce n'è pure uno con dei sandali verdi che hai tu, ma non eri tu..alla fine quando li ammazzano fanno vedere le scarpe a fianco di ogni cadavere"

Penso, ma non parlo, "che bella quest'idea delle scarpe, mi ricorda un po' Bianca di Moretti, ma qui è più cattiva.."

"Alla fine si salva solo una ragazza e un bambino…io non sono la ragazza invece il bambino è Morgan..un'angoscia mi è venuta..scappano e vanno negli uffici di una grande azienda, mi sembrava l'IKEA..ma i due dirigenti a cui vuole dire la cosa sono dell'organizzazione che fa i massacri..così scappano di nuovo"

Tiro un sorso al caffè e ritrovo la parola.

"Bello.

Sei contenta del mio giudizio, lo vedo chiaramente.

"Quando li ammazzavano facevano delle facce tipo arancia meccanica..preferisci quest'ascia oppure questa sciabola?" sul tuo viso un ghigno simulato.

"Bello davvero.."

Sono contento anch'io.

Era un po' che non condividevamo qualcosa, io e te.

(aM 15.2008)