Lungo il viale che divideva la periferia accoccolata s'una sorta di collinetta, dal porto industriale, le tante macchine parcheggiate in malo modo, preannunciavano la classica domanda all'interno del locale: "avete prenotato?". Nei molti anni che ho potuto frequentare la pizzeria "O'Vesuvio" di via San Bartolomeo non sono mai riuscito a capire chi mai potesse prenotare un tavolo in quel posto così caotico. Intendiamoci, qualcuno è lecito che ne abbia avuto la necessità, ma trovo impossibile che sia riuscito a portare a termine il suo compito: in tutto quel casino di gente seduta che schiamazzava, di gente in piedi in attesa del tavolo o di pagare il conto, rigorosamente in piedi davanti alla statua di San Gennaro a fianco del registratore di cassa (usato quasi sempre solo per aprirne il cassetto e dare il resto) riuscire a sentire il suono del telefono o la voce del potenziale cliente dall'altra parte sarebbe stata impresa ai limiti del miracolo. E anche se avessero preso nota della tua prenotazione (senza storpiarne il cognome), si sarebbe di sicuro persa in qualche foglietto, riciclato da un vecchio calendario ritagliato a mo' di post-it. O peggio infilata nel forno dove cuocevano almeno una decina di pizze alla volta. E le pizze erano buone, a testimoniarne l'eccellenza, la famiglia proprietaria del locale: tra forno cucina e tavoli almeno 6-7 elementi della famiglia erano schierati. Tutti uguali, uomini e donne, vecchi e bambini: un bel paio di baffi e una stazza superiore ai 100 Kg almeno. Rappresentavano il più grande stereotipo vivente della famiglia di pizzaioli napoletani. La qualità dei prodotti e i prezzi onesti e popolari attiravano le masse, in buona parte di diseredati - tra i quali all'epoca facevo orgogliosa parte pure io, dal basso del mio essere studente stipendiato dai nonni. Certo, il servizio non era proprio il massimo: tovaglie impataccate, brocche sbeccate, bicchieri affranti da strati di calcare del mesozoico. Forse anche per questo, il soprannome del locale era "Gli Zozzi". "Andiamo dagli zozzi stasera?" era una frase classica in quel bel periodo della mia vita intorno agli anni '90. Ma a dire il vero, altre pizzerie subirono la stessa triste sorte toponomastica: ad esempio, in Via Garibaldi come non citare la pizzeria al taglio detta "dai Sozzi". Un mio carissimo amico, che all'epoca suonava in un gruppo di "noise", scrisse un pezzo che s'intitolava "Non farò mai il pizzaiolo in questa città di merda".
Ma questa è un altra storia..
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via FoxyTunes
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