giovedì, gennaio 15, 2009

A sangue freddo con la febbre

Esco da un periodo d'influenza che mi ha portato, per la prima volta in vita mia, sulla soglia dei 40 gradi di febbre. Ok, lo so, c'è chi ha fatto meglio (mi giungono voci di un amico che è finito in ospedale con 42), ma comunque è una soglia importante giunta esattamente 9 ore dopo che avevo finito di leggere "Everyman" di Philip Roth. In questo libro si parla della morte di un uomo. Una morte normale (attacco cardiaco), di un uomo normale. Quindi mi sono riavvicinato al mondo dei pigiami sudati e delle pillole (e confesso anche a quello delle supposte di Tachipiroska 1000) come non facevo da tempo e, lo ammetto, per la prima volta, pensando alla morte. Non contento ho proseguito leggendo "A sangue freddo" di Truman Capote. Come spesso accade, il libro prestato da un amica, stava buscando polvere nell'armadio: solo un periodo di reclusione così forzata avrebbe potuto salvarlo e così accadde. Ci sono mille possibili ispirazioni che possono essere raccolte da quest'opera, ma il mio corpo malato ha influenzato a tal punto il cervello che tra tutte, ha intravisto solo il tema della morte: gli assassinati e i due giustiziati (comunque tutti uccisi a sangue freddo). Ho letteralmente divorato l'opera e alla fine mi sono messo alla ricerca delle facce e dei luoghi di quest'opera. Ho così trovato la foto dei due assassini Smith e Hickcock e della fattoria dove è avvenuto il massacro. Ma se avete visto il film "Capote" siete già a posto così.
Alla fine il grande poeta uruguaiano mi è venuto in aiuto, come sempre: que viva Buchago!


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