venerdì, dicembre 25, 2009

Christmas Carogn - il racconto polaroid di Natale

Ogni Natale la stessa storia, cosa regalare? Ma quest’anno, per coloro interessati a offrire un regalo davvero non banale e dotati di una capacità di spesa non indifferente possono rivolgersi alla (un beep copre il nome)

Abbiamo infatti il piacere di avere qui con noi il signor Gangabanga, un nome inventato dato che, come avrete modo di comprendere, le attività della (un beep copre il nome) non sono propriamente normali e...il tipo guarda la persona seduta a fianco a sé come per capire se quello che sta dicendo può risultargli fastidioso, poi continua...non proprio legali.

Posso dire così signor Gangabanga?

Sì può sicuramente dire quello che vuole.

A rispondere è un tipo vestito con un gessato grigio a larghe righe bianche, camicia nera e cravatta beige. Indossa una maschera in latex rosa con dei buchi per gli occhi. Prima di rispondere ha aperto la cerniera metallica che teneva chiusa la fessura della bocca.

Bene, può raccontarci cosa fa la sua azienda di così particolare?

Facile. Roviniamo la vita delle persone.

Il tipo con la maschera in latex si passa la lingua sulle labbra, sfregandola anche un po’ sulla cerniera lampo in metallo.

Rovinate come? Può spiegare meglio ai nostri telespettatori?

Facciamo semplicemente in modo che la loro vita diventi un momento di reale sofferenza…

Il tipo mascherato fa il gesto di una torsione con il pugno. E’ un gesto deciso e veloce, nella sua totale semplicità.

Intende dire che li torturate?

La violenza fisica è una cosa facile da sopportare, noi interveniamo provocando problemi ben peggiori e non tocchiamo nessuno. Non c’interessa. Quello che perseguiamo è fare in modo che la vita del nostro bersaglio diventi molto difficile da essere portata avanti..e nel fare questo le assicuro che siamo assolutamente determinati.

Può farci un esempio del vostro intervento?

Sì, ma non adesso.

..e quando allora?

Il tipo mascherato si passa la lingua sulle labbra. Il sapore di metallo, dovuto al contatto con la cerniera gli fa stringere per un attimo le guance, quasi avesse addentato un limone. Poi s’immobilizza senza rispondere. Si aggiusta il nodo della cravatta.

L’intervistatore capisce che deve proseguire.

Va bene, senta, voi della (un beep copre il nome) non temete che qualcuno vi possa prima o poi denunciare?

Lo trovo altamente improbabile. Siamo un’organizzazione totalmente clandestina con agganci ad altissimo livello. Siamo così protetti da poterlo dire persino in una trasmissione televisiva come questa. Se non abbiamo agganci li creiamo, tramite amici di amici o con i soldi. Si può comprare tutto sa? Soprattutto in questo fantastico paese. A volte organi pseudo ufficiali dello Stato ci chiedono delle attività che portiamo avanti in cambio di favori. Non siamo mossi da alcun interesse economico e quindi risultiamo di difficile comprensione per chiunque..le nostre dinamiche non sono inquadrabili da nessun ipotesi o quadro istruttorio che si voglia tentare di comporre.

E allora perché lo fate?

Semplice, produciamo potere di cui poi ci piace disporre in totale libertà.

Il tipo si mette le mani sulla maschera cercando di spostarla verso l’alto. Si gratta la testa. Poi si ferma.

E come selezionate le vostre attività? Venite assunti direttamente dai clienti interessati o effettuate voi una selezione?

Noi non veniamo assunti, non percepiamo alcuna retribuzione per quello che facciamo.

L’intervistatore sembra perplesso e interviene per chiarire il suo dubbio.

Ma non mi avete detto che siete stati ingaggiati da un cliente per Natale?

Il tipo con la maschera si lecca le labbra due volte prima di rispondere. Respira profondamente.

Sì. Ma questo è un caso particolare. Abbiamo deciso di agire su richiesta. Di solito siamo noi a scegliere il bersaglio. E’ un processo totalmente casuale. Ci tengo a sottolineare che non siamo mossi da alcun concetto etico. Non agiamo per compiere vendette o per riequilibrare ingiustizie. Noi siamo il caso. E anche il caso ogni tanto sembra prendere una direzione ordinata. Abbiamo così deciso di farci ingaggiare per una volta come se fossimo un agenzia. Una sorta di A-Team malvagio.

Il tipo in maschera si mette a ridere con forza, batte i suoi stivaletti bianchi per terra con forza, poi estrae con una rapidità quasi studiata un iPod touch.

Per questo nostro primo lavoro, abbiamo percepito un bel po’. Sono circa 450.000 Euro e di fatto erano suoi. Ce li ha dati sua moglie.

L’intervistatore diventa paonazzo e abbozza un sorriso nervoso.

Ma come? State scherzando vero? Gianni è uno scherzo vero, mi avete mandato su scherzi a parte?

Dalla regia proviene una voce gracchiante.

No, non è uno scherzo.

L’intervistatore guarda il tipo con la maschera, si alza e gli si mette a fianco in piedi.

Senti cosa credi di poter venire qui vestito da masochista a prendermi in giro..chi ti ha mandato eh? Ti ha mandato (un beep copre il nome) eh? Ti ha mandato quello di (un beep copre il nome) eh? Vattene via, che non sei altro. Gianni, levami questo (un beep copre il nome) dai ! Voglio parlare con Mirko, un altro servizio come questo e io me ne torno alla Rai.

Il tipo in maschera chiude la cerniera, celando la sua bocca. Con le mani porge l’iPod touch all’intervistatore, accompagnandolo con un gesto inequivocabile. Vuole che guardi un piccolo video che nel frattempo ha preso vita sul minuscolo display.

L’intervistatore sembra dapprima scazzato e poco intenzionato a seguire il filmato, poi la sua attenzione diventa sempre più forte. Un’espressione di terrore gli rapisce il volto – osserva la fine arrivargli negli occhi. Dritto per dritto come un pugno.

Il tipo mascherato si alza e dice qualcosa. La maschera non permette di comprendere appieno quel che ha detto. Sembra “Buon Natale” ma non si può esserne sicuri. L’intervistatore si piega sulle ginocchia portandosi le mani al volto.

Il video finisce e l’immagine torna sul giornalista in studio. Mario Valenti aveva 35, lascia una moglie e due figlie. Il corpo è stato ritrovato in un parcheggio poco lontano dai nostri studi. Per gli inquirenti si tratta di suicidio. In questo momento la polizia sta interrogando la moglie, ancora non si sa se come persona informata dei fatti o come indiziata di reato.

giovedì, dicembre 17, 2009

Natale in bianco.

"Malata di sesso dopo un incidente d'auto.

Un incidente stradale due anni fa ha reso la sua vita infernale. Joleen Baughman, madre di due bambini, nell'incidente due anni fa la donna ha riportato una lesione a un nervo del bacino che controlla il desiderio. Il risultato è che Joleen, 39 anni, prova eccitazione persino con i movimenti più impercettibili: seduta su un autobus o mentre cammina in una stanza, ad esempio. Joleen, originaria del New Mexico, soffre di una malattia che si chiama «Disturbo dell'eccitazione sessuale persistente». Purtroppo per lei, nemmeno avere frequentemente e con costanza rapporti sessuali con il marito Brian, che ha 20 anni, allevia i suoi sintomi."

Fonte: Mirror.co.uk

E' Natale, è il momento di donare e di donarsi!
Si stanno organizzando i primi pullman di supporto per il povero marito di Joleen.
Presentatevi domani alle 6,15 a Piazza Cadorna. Troverete il bus con la scritta “Love Marathon Xmas 2010”.

Vi ricordo che la partecipazione al viaggio è gratuita mentre è obbligatoria la consumazione.

sabato, dicembre 12, 2009

Perchè non si parla più di Marcel Dupont?

Marcel Katzymbauer Dupont, il grande mimo franco polacco in una rarissima ripresa dei suoi primi anni di vita. Inventore di una serie di figure che hanno reso grande questa arte straordinaria e davvero appassionante, un po' decaduta ultimamente.
Grande Marcel!

giovedì, dicembre 10, 2009

Dal Canada arrivano gli Happy


Un'altra recensione di Mario (nella foto a fianco alla tavola).

Riguarda un Gruppo indie canadese con la cantante gnocca.

Non mi manca di certo il dono della sintesi..





mercoledì, dicembre 09, 2009

La fede aiuta..la f..a pure.

Pompei, hotel a luci rosse anche nella città della Madonna: sequestrati sette alberghi
Attività proprio accanto al Santuario. Sesso a pagamento per i pellegrini.

(da Corriere.it)

domenica, novembre 29, 2009

Premio letterario sul vino

Un mio amico c'ha provato ma non ce l'ha fatta..ecco il tentativo.

VINO: ANIMA DEL TEMPO.
M. Selaschetti

Prima di girarsi e trovarselo lì, avverte un lieve sentore di spezie esotiche e un profumo pungente di qualcosa di conosciuto.
Nella sua cantina però è normale percepire degli aromi, soprattutto poco dopo la vendemmia, quello che non si aspettava era di trovarsi davanti quel signore distinto, sulla cinquantina, in completo panna e panama bianco con una penna di pavone sopra.
“Scusi desidera?” il vecchio cerca di riprendere in mano la situazione.
“Oh, mi scusi non volevo spaventarla..gran bella cantina, complimenti” risponde il tipo elegante.
Quel profumo, ha rapito l'attenzione e l'olfatto del vecchio: cerca di riportare l'aroma nel cassetto più adatto dei suoi ricordi, invano.
“Grazie..questa è la cantina di famiglia, è nostra da molte generazioni” un lungo sguardo tra i due sembra rendere immobile la polvere che danza tra i raggi della luce che proviene dal lucernaio in alto.
“Se cerca la bottega di vendita è nell'edificio di fronte..”
“Magari ci faccio un salto più tardi..sto aspettando una persona, abbiamo un appuntamento qui..” risponde il signore distinto.
(Clicca QUI per continuare il racconto)

mercoledì, novembre 18, 2009

A tribute to Las Pezia

Il Grande Bulacky omaggia la città che per prima ha creduto nella sue capacità, cacciandolo via inesorabilmente..

domenica, novembre 15, 2009

Un tranquillo week end di Post Rock.

ll mio primo contatto con la materia oscura musicale da molti definita post rock è avvenuto, senza alcun segnale di avvertimento, una decina di anni fa. Un mio amico, amico a sua volta di un componente dei Giardini di Mirò, mi consigliò proprio il loro ultimo lavoro Rise and Fall of Academic Drifting. Fu un tragitto complicato - ma non così tanto, a ripensarci - attraverso canzoni completamente strumentali che partivano da un tema per espanderlo e ridurlo ai minimi termini, come gli elementi di un frattale di salvaschermo di ultima generazione. (Continua qui)

venerdì, novembre 13, 2009

L'ottimo è nemico del buono..

Vagina perfetta? Attenzione ai rischi

Secondo un team di scienziati britannici i rischi che si corrono sottoponendosi agli interventi di «abbellimento» sarebbero sottovalutati, oltre che poco documentati


A me va bene anche normale..

mercoledì, novembre 11, 2009

Il Mondo di Gabba


Il blog è un universo autoreferenziale in rapido collasso.
Ci sono molto più autori di Blog che lettori degli stessi. Alla fine, e questo vale anche per questo sito, si finisce per scriversi addosso.
I Blog che hanno successo sono quelli di autori già famosi o di gente che nello spettacolo ci vive e ci campa, da tempo. Questo è un peccato perché in tutta questa libertà creativa, ogni tanto, qualche talento puro emerge.
E' di sicuro il caso de "il mondo di Gabba", il cui autore è a mio avviso un vero geniaccio creativo.
Se non vi farete turbare più di tanto dal linguaggio crudo (in Toscana le bestemmie sono come il formaggio in Francia: ce n'è una versione diversa per ogni giornata dell'anno) capirete anche voi lo spessore dell'artista: le sue storie strampalate e surreali sono delle succolente ciliegie d'interesse. Letta una, vorrete leggerne subito delle altre.
Magistrale la conclusione del Post "Dedicato all'anonimo": "ALLA FINESTRA UN UOMO MASCHERATO CI OSSERVA."

Incredibile...

venerdì, novembre 06, 2009

Febbre da Cavallo un po' maiala, però (V.M.18)


Entra in un linguaggio ed entrerai in un Universo diceva il filosofo, chissà dunque cosa succede se provi (e ci riesci) ad entrare nel corpo di un bell'esemplare di cavallo.
E' quel che è successo a Roddell Vereen un afroamericano condannato in Carolina del Sud per aver commesso atti impuri con un cavallo, tale "Lazy B". Non contento del fatto si è fatto pizzicare dal proprietario dell'animale, una seconda volta con le "mani" nella stalla. Questa volta a farne le spese sarebbe però stata la cavalla "Sugar" di 21 anni. Colto quindi, anzi coito in flagrante, il focoso fantino è stato condannato a 3 anni.
Non siamo nuovi a dar risalto alle notizie più assurde, ma questa porta con sè una serie di considerazioni che riporto in ordine sparso:
- Ma perché questo tizio ha continuato a bazzicare la stessa stalla, dove già era stato beccato e per giunta in uno stato dove esiste la pena per questo reato? Che vi fosse dunque amore oltre che solo sesso?
- Tecnicamente come è riuscito nell'impresa?
- Quando uscirà dalla prigione si prenderà una lunga vacanza in Sardegna?
- Guardando la faccia dell'imputato, secondo voi chi ha svolto la parte attiva nell'atto?

Chiudo segnalando come gli anglosassoni, non abbiano mai sottovalutato questa forma di amore così estremo nei confronti degli animali a tal punto da legiferare in materia già a partire dal XVI (si confronti il Buggery Act del 1533, e la "Section 61" del Offences against the Person Act 1861, dal titolo "Sodomy and Bestiality"). Lo stesso termine "Buggery" (usato per etichettare le imprese del prode Vereen) in inglese ha un significato così tecnico da lasciar immaginare come la materia fosse ben "maneggiata" oltremanica:
"
  1. anal intercourse by a man with a man or woman, or
  2. vaginal intercourse by either a man or a woman with an animal,
  3. but not any other form of "unnatural intercourse"
Quindi è proprio vero che entrare in un linguaggio equivale a entrare in un universo, animali compresi..

domenica, ottobre 25, 2009

Paura e delirio ad Acqui Terme


Week-end intenso.
Dentista alle 12.30 di venerdì, devitalizzazione scampata (per il momento) e subito in macchina verso Acqui Terme, grazie a una sontuosa mezza di ferie.
Il sole che torna a riaffacciarsi dopo una settimana di nuvole e acqua sulla Torino Piacenza.
E così mi son detto, "vai, giocati il Jolly della Goduria esistenziale" e sono uscito ad Asti Est, prendendo la statale che collega Asti a Canelli. Dopo una galleria dalla ventilazione progettata male - c'era lì dentro più smog che a Milano nelle zone fuori Eco-pass - riuscimmo a rivedere le stelle in zona Montegrosso d'Asti, poi Agliano Terme, saltando il bivio per Vinchio e Vaglio. Praticamente la capitale mondiale del Barbera d'Asti. Ma ho resistito girando verso Canelli, in questo tripudio di colline gettate lì come se non sapessero dove metterle nel giorno della creazione, dai colori più vari che l'autunno può adoperare e soprattutto dal marrone rossiccio delle vigne ormai senza prezioso carico. Ho resistito ma per poco e mi sono fermato presso un'azienda che già conoscevo: l'Armangia di Canelli
Qui avevo già comprato e assaggiato il loro "Pacifico" un assemblato del Monferrato, la barbera Titon e il Sauvignon, trovandomi molto bene. Adesso le bottiglie sono già in cantina, in attesa di un'occasione per essere liberate.
Carico e felice, mi sono diretto verso Acqui Terme, superando Canelli per giungere a Sessame. Qui ho trovato un Agriturismo incantevole - Villa Caffarelli, una vecchia cascina rimessa a nuovo e trasformata in mini appartamenti. Il tutto a un prezzo abbordabilissimo (35 Euro a persona).
Sessame è seduta su uno dei fianchi della Val Bormida, una valle in questo punto molto larga e dalle colline che già sanno di Liguria: nel lato a sud infatti incomincia a non esserci più traccia di vigne. Siamo proprio al confine tra la provincia di Asti e di Alessandria, quindi al confine tra le DOC astigiane e quelle alessandrine. A Sessame si può ancora fare la Barbera e il Moscato d'Asti, ad Acqui si può fare il Brachetto e il Dolcetto d'Acqui, appunto.
Parlando d Dolcetto d'Acqui, non proprio un vino degno di nota, ne ho potuto assaggiare uno interessante almeno per il profumo. Si tratta del "L'Ardì" prodotto da Banfi noto produttore toscano. Il fatto che un produttore toscano si sia interessato a questa zona vinicola, ad oggi terra di grandi quantità piuttosto che di grandi qualità, è forse un segnale di come probabilmente dovremo attenderci un'operazione recupero (simile a quella fatta molti anni fa nel campo del Barbera e del Chianti) che prima o poi darà dei frutti importanti.
Questo Dolcetto ad esempio incomincia a essere un primo tentativo decente.
Le Terme di Acqui sembrano le Terme classiche da primi del '900. Non manca il classico Grand Hotel delle Terme dalle moquette stantie e passamaneria desueta. Il suo tentativo di trasformarsi da stabilimento per inalazioni della mutua a moderno centro benessere non è riuscito completamente. Nella piscina di acqua salsobromoiodica ho visto solo anziani e persone sovrappeso (tra cui io a essere onesto). Ma mi son detto: "meglio così, almeno i prezzi restano assolutamente interessanti". 15 Euri e puoi stare in ammollo tutto il giorno, saltando nella sauna e nel frigidarium quante volte vuoi.
Il paese merita nonostante qualche esempio di urbanistica demenziale (per essere in buona fede). La piazza con la fontana da cui esce l'acqua bollente merita una visita e un'inalazione e tutto il borgo che si arrampica sulla collina è ordinato e piacevole. Non cercate di trovare un posto per mangiare la domenica a pranzo. Pochi locali aperti, escludendo quelli dove è meglio portare gli assegni. Nella centralissima via Mazzini c'è un'Osteria che fa Baccalà, Trippa e Bollito in cui è difficile trovare posto. Se ci riusciti merita, tavolacci di legno e robe sincere. Non ne ricordo il nome però. In caso di difficoltà Pizzeria Napoli, in un locale che poco tiene alle forme una vera pizza napoletana.
Dopo due giorni di ammollo nelle acque calde di Acqui Terme, sono alla tastiera del mio computer a scrivere queste cose. Rilassato e con una bella stanchezza. Non è poi difficile capire come si possa perdere un impero se ci si abbandona a questa terapia dello spirito.
Come scriveva il poeta:

"
Immerso
nella piscina piena
di acqua magica salso bromo iodica
proveniente da km e km qui sotto
per stare qui dentro con me
il miracolo caldo delle terme
sono talmente calmo
che la mia coscienza si arrende
Rido perchè vedo il mio errore fatale
adesso più evidente che mai
Rido perchè scorgo la mia mossa errata
adesso più evidente che mai
Ma mi consolo subito
Non è poi così strano
che la gente che ha inventato queste cose
abbia poi perso
un impero.

(R. Buchago, Bozze 1996)

giovedì, ottobre 15, 2009

Quando si dice una gran....fregatura

(Ansa.it)

Su crociera gay senza saperlo
Coppia di mezza eta' chiede risarcimento di tremila euro. I due avevano ottenuto il viaggio con una raccolta punti.

PERUGIA - Sostengono di essersi ritrovati sulla crociera gay Civitavecchia-Barcellona, andata e ritorno, senza che nessuno li avesse informati mentre invece ritenevano di avere prenotato un normale viaggio due coniugi di Trevi che hanno chiesto alla Grimaldi un risarcimento di 3 mila euro. La notizia è stata riportata oggi dal Corriere dell'Umbria. Marito e moglie, di mezza età, si sono rivolti all'avvocato Antonio Francesconi che ha scritto alla compagnia senza però - ha spiegato - ricevere al momento alcuna risposta. "Non è una questione di discriminazione - ha detto oggi il legale - ma solo di godimento del viaggio. Uno spiacevole equivoco che però va risarcito". La coppia aveva ottenuto il viaggio con una raccolta punti. Dopo averlo scelto sul catalogo - ha spiegato l'avvocato Francesconi - i due si erano "messi in contatto con la compagnia per la prenotazione senza però che nessuno facesse riferimento alla crociera gay". Una volta a bordo, il 19 settembre scorso, marito e moglie si sono imbattuti - sempre in base a quanto riferito dal loro legale - in una nave "a tema", con feste e spettacoli "tutte" dedicate ai gay. "Una situazione di palese imbarazzo per i miei assistiti - ha concluso l'avvocato Francesconi - che al ritorno hanno deciso di chiedere il risarcimento".

martedì, ottobre 06, 2009

Kornigliamo?

Eccoci al nuovo appuntamento con il romanzo a puntate più letto dagli avuncolo-gratulatori meccanici.

Se volete leggerlo dall'inizio, guardate pure qui.

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La porta si apre in una stanza illuminata da una luce strana.

I due escono dall’Ascensore e si dirigono verso la fonte di questo bagliore pulsante, tenue e per niente fastidioso. Anzi, quasi ipnotico.

“Ci sono anche gli altri?” fa Alessandro.

“Non tutti, Matteo ha aperto il bar e tiene d’occhio le cose, Agostino sta scendendo..” fa Billi.

“E Jean Pierre?” chiede Alessandro.

“Non l’ho trovato, ieri sera ci ha dato dentro. Forse è ancora a letto, non so..”

Billi e Alessandro arrivano davanti a una parete fatta di vetro. Fuori si vede un branco di acciughe nuotare. I riflessi del sole che attraversa l’acqua donano un certo chiarore alla scena.

“Non mi ci sono ancora abituato a questo spettacolo” fa Alessandro.

“Già, nemmeno all’acquario di Genova hai uno spettacolo del genere…” Billi tocca con la mano il vetro. E’ molto freddo.

Un’orata si avvicina e sembra cercare di curiosare all’interno.

“Da fuori sembra tutto un enorme lastra di basalto..ma chi ha fatto tutto questo?” dice Alessandro.

Billi sorride poi fa “se anche te lo dicessi non mi crederesti mai..”

Nella stanza, molto grande e dal soffitto altissimo c’è un divano di pelle a tre posti e un distributore di bevande e uno di merendine.

L’erogatore dei taralli sembra essere completamente vuoto, mentre quello dei Kinder Brios è ancora carico. Anche qui sotto si dev’essere sparsa la voce che intozzano di brutto, pensa Alessandro poi fa “mi faccio un caffè e ti aspetto qui..”

Billi ci pensa un attimo poi con la mano gli fa il gesto del seguimi.

Alessandro sorride e si avvicina a Billi deciso.

“Ormai puoi venire anche nella sala di applicazioni tecniche” Billi si mette a ridere. Nell’enorme stanza con vista sul fondale ci sono tre porte, ognuna con un colore diverso:

- Una porta nera sulla stessa parete che guarda il fondale, proprio nella zona in cui la vetrata finisce. Sopra la porta c’è un cartello con la scritta “Staff Only”.

- Una porta gialla nella parete di fronte al grande mare iridescente e muto.

- Una porta rossa nella parete di fronte a quella con gli ascensori.

Alessandro conosce bene, perché l’ha già utilizzata parecchie volte, solo quella rossa.

Billi si avvicina a quella gialla, aprendola di botto. Una corrente d’aria lo investe. I suoi capelli a spazzola con una accenno di cresta da porcospino non si muovono di un centimetro. Ricorda vagamente quell’attore di Trainspotting che alla fine si fotte tutti quanti.

Quelli più lunghi di Alessandro, invece, subiscono una certa spinta e sventolano per qualche secondo. Dietro la porta si scorge un lungo corridoio illuminato da potenti neon. Ma l’attenzione di Alessandro è completamente rapita dalla porta nera.

“Vorresti entrare lì, eh?” ghigna Billi.

Alessandro mette l’espressione del bambino preso con le dita sporche di marmellata, poi dice “perché, tu lo sai cosa c’è lì dietro?”

Billi tira su le spalle “..e chi lo sa? Comunque fossi in te, ci proverei?”

Alessandro non se lo fa ripetere e prova ad aprire la porta nera.

C’è una maniglia che pare d’oro. E’ tutta lavorata, forse con un cesello, raffigura la testa di un cinghiale. O di un maiale, visto che le zanne sembrano solo accennate.

Prende la maniglia e prova a girare.

La forma della maniglia gli sembra cambiare al contatto con la sua mano. Immagina che assuma la forma di una losanga: il simbolo dei denari nelle carte. Ma forse è solo una sua paturnia mentale.

Niente.

Billi gli fa “Niente, eh? Perché non provi a bussare?” e poi accompagna la voce con un gesto del tipo “avanti fa pure..”.

Alessandro bussa sulla porta nera come se stesse facendo la cosa più inutile del mondo. Vorrebbe accompagnare il gesto con un’espressione del viso del tipo “gnegnegne” rivolta verso Billi, ma una voce improvvisa dal tono stranamente alto pronuncia la parola “Chi è?” e lo costringe a un mezzo soprassalto.

Alessandro si blocca per qualche secondo, cercando nello sguardo di Billi una possibile spiegazione. La faccia di Billi si fa carica di dubbio, ma solo per un attimo. Alessandro capisce che lo sta prendendo per il culo: la cosa non è per niente inaspettata per lui.

“Ma chi è?” mormora Alessandro sempre più basito.

“Chi è?” ripete la voce dall’altra parte della porta nera. Non sembra la voce di un uomo e nemmeno di una donna. Alessandro sente un accenno di pelle d’oca sulla schiena e sulla braccia.

Billi mostra il volto di chi sta per dire “boh?” poi fa non lo so “chi è”

La voce dietro la porta ripete “Chi è?”

“Come non sai chi è?” fa Alessandro.

“Chi è?” ripete la voce dietro la porta nera.

“Non so chi è? Te l’ho detto” fa Billi

“Chi è?” dice la voce dietro a porta nera.

“Se permetti vorrei sapere chi è sto eunuco sciroccato sotto casa mia?” fa Alessandro con un tono alterato

“Chi è?” dice la voce dietro a porta nera.

“Sotto? Direi ad almeno 100 metri sotto casa tua quindi sta tranquillo..e poi ti dico che non lo so proprio chi è..” fa Billi, cercando di portare Alessandro dentro al corridoio, mettendogli una mano sulla spalla.

“Chi è?” dice la voce dietro la porta nera.

“E smettila di dire chi è cazzo!” Alessandro sbatte i pugni sulla porta nera.

“Chi è?” ripete la voce dietro la porta nera.

“Mi arrendo..” Alessandro guarda Billi e poi s’infila dentro il corridoio illuminato dai neon.

Billi ride e gli molla un colpo sulla spalla “andiamo dai, vedrai che prima o poi scopriremo chi è?”

Da dietro la porta nera la voce ripete “Chi è?”

“Ma vaffanculo..” grida Alessandro e poi riprende il cammino verso la fine del corridoio.

Arrivati davanti a una porta stagna, tipo quelle delle grandi navi o dei sommergibili, Billi tocca un triangolo rosso alla base della porta e questa senza alcun suono svanisce, lasciando i due entrare in un altro locale.

Ci sono monitor sparsi dappertutto e indicatori lampeggianti, sul cui significato Alessandro non ha alcun indizio. Sembra la console dell’Enterprise.

“siediti pure lì” fa Billi, indicando un puffo marrone.

Billi tocca un pulsante e dall’aria viene su una sorta di schermo. Non c’è fisicità, solo immagini. Ologrammi, molto più nitidi di quelli di sicurezza sulle carte di credito. In un attimo Alessandro vede apparire zone di Korniglia. Vede Andrea, il garzone della Pizzeria “La Taverna” in atteggiamenti intimi con Angela, la moglie del proprietario. Peccato, pensa un’ideuccia ce l’aveva fatta pure lui.

“E’ una nave scuola quella..non ti preoccupare” fa Billi come se gli avesse letto nel pensiero.

Alessandro resta stupito per un attimo, poi riprende a guardare verso il monitor fatto d’aria che proietta immagini su uno schermo che non si riesce a vedere.

“Ma l’aggeggio sull’iPhone che ti ha dato Riccardo non ha funzionato?” dice Alessandro

“Le telecamere registrano poco e non c’è nulla, le ho guardate oggi..e non sono collegate a questo sistema…” fa Billi.

“E qui registrano più roba?” Alessandro tocca un pulsante colorato.

“Ehi sta fermo, è roba seria questa…” risponde Billi che poi continua “sì diciamo che queste sono più potenti..guarda qui..”

Alessandro vede apparire un cerchio bianco che si allarga sempre più sino a diventare un’immagine a lui famigliare. “Ma quello è il mio bagno..ma vaffanculo!” Alessandro guarda Billi con un espressione arrabbiata.

“Sei un maledetto guardone del cazzo..” continua.

“Eh già, non faccio altro dalla mattina alla sera..ma tu ormai ha una certa età dovresti smetterla di farti quelle cosine..che ne dici di trovarti una ragazza seria…?” Billi ride come un bambino.

Alessandro diventa rosso come un foruncolo infiammato “adesso vado su e spacco tutte le tue telecamere da guardone del cazzo..”

Billi continua a ridere “ è inutile non le troverai mai, ci ho provato anch’io ma non le ho mai trovate..mica le ho messe io sai..ho trovato già tutto pronto.”

“Anche quello?” fa Alessandro puntando un televisore LCD a 60 pollici.

“No quello l’ho messo io, ci ho collegato Sky.sai a volte vengo qui per controllare la situazione e nel caso mi annoiassi..”

“Che abbonamento hai fatto?”

“Quello completo Cinema, Calcio e…” Billi non finisce la frase perché un particolare colpisce allo stomaco “Grandissimo figlio di puttana?”

Alessandro riconosce nell’immagine la figura di Jean Pierre legato a una sedia in casa sua. Di fronte a lui una figura conosciuta con in mano una siringa.

E’ il biondino naufragato alla marina.

“Grande esempio di riconoscenza..” fa Billi e poi dice ad Alessandro “guarda se c’è qualcuno di noi vicino?”

“Sì e come faccio? E’ la prima volta che..” cerca di rispondere Alessandro. Billi non gli fa nemmeno finire la frase “Pensa a cosa vuoi vedere, tutto qui!” lo incalza Billi.

Alessandro pieno di curiosità esegue pensando a una cosa da vedere e così dal nulla appare una stanza, una camera da letto vuota. Poi la scena si sposta velocemente: è un negozio di alimentari. La commessa una ragazza carina dai capelli rossi, lunghi sino alle spalle e lievemente mossi sta servendo una coppia sperduta di turisti. Sono completamente fuori tempo massimo, devono essere tedeschi. Tedeschi a gennaio pensa Alessandro.

“La smetti di cazzeggiare! Cerca Agostino, Matteo, cerca chi vuoi..ma cerca uno dei nostri..subito” l’ordine è così diretto che Alessandro riesce quasi subito a far convergere i suoi pensieri sul bersaglio. Sullo schermo appare la vista di un corridoio illuminato. Alla fine del corridoio riconosce una sala, molto grande e ben illuminata. Ci sono delle immagini che sembrano essere proiettate direttamente nell’aria. In una delle immagini più definite si vede il biondino iniettare qualcosa nel collo di Jean Pierre, completamente legato e imbavagliato. Non reagisce perché probabilmente è privo di coscienza.

Poi l’immagine generata dai pensieri di Alessandro, mostra lui e Billi di schiena impegnati a guardare le immagini. L’immagine di Alessandro si trasforma in una sorta di frattale in cui lo stesso particolare è ripetuto all’infinito: incluso e ridotto di dimensione. Come se una telecamera inquadrasse se stessa che inquadra se stessa che inquadra se stessa.

Billi capisce per primo cosa succede e si volta di colpo. Alessandro lo segue subito dopo e così vede comparire la faccia di Agostino.

“Stavo pensando proprio a te “ gli fa Alessandro.

Agostino inizia a mettere a fuoco l’immagine di Jean Pierre e del biondino che lo ha iniziato a prendere a schiaffi.

“Ma che cazzo succede?” Agostino guarda Billi con la faccia di uno piuttosto incazzato.

“Andiamo su!” dice Billi con un cenno di assenso della sua testa e poi fa “prima però avviso Matteo..potrebbe essere più vicino di noi”. Si porta l’indice destro sulla tempia in un gesto da attore consumato, forse un po’ troppo studiato.

“Ok fatto! Andiamo su”.

“Da quando sei telepatico?” fa Alessandro con un certo affanno visto che i tre hanno cominciato a correre nel corridoio che li riporta nella stanza con vista sul fondale.

“Non lo è sempre..dipende dai luoghi..e poi funziona solo in uscita dalla sua testa..speriamo che Matteo abbia sentito..” Agostino risponde mentre cerca di muovere più velocemente possibile la sua mole da giocatore di Hockey in pensione. Aprono la porta rossa e si ritrovano in quella che sembra una stazione dei treni in miniatura. Ci sono 7 binari da cui partono altrettante monorotaie. In 3 dei 7 binari è presente un minitrenino con 7 sedili, uno davanti e dietro 3 file con due sedili ciascuna.

“Prendiamo quella per Sottoriva, è quella più vicina a casa di Jean Pierre..” dice Agostino.

“Ok” fa Billi

I tre prendono posto sui sedili. Billi davanti e gli altri due nella fila immediatamente dietro. Billi mette un dito su un meccanismo poco davanti a lui, sotto la sbarra fatta apposta per tenersi. Una voce femminile esce dall’altoparlante “Destinazione Sottoriva, treno in partenza destinazione Sottoriva, allacciare le cinture per cortesia”

Il treno parte a una velocità inaudita.

“Non mi ci sono ancora abituato” fa Alessandro.

“..si di solito hai preso l’espresso per Santa Maria oppure salivi dagli ascensori esterni. La linea per Sottoriva è un tantino più eccitante” fa Agostino cercando di tenersi al seggiolino minuscolo in plastica. Sembra una di quelle sedie da giardino che vendono all’Ikea.

“Cosa vuole quel tipo da Jean Pierre?” chiede Alessandro.

“Uno dei tanti segreti che custodiamo..direi” fa Agostino

“Uno dei tanti che custodite..” risponde quasi piccato Alessandro.

“Non fare il coglione Alessandro, te l’ho già detto..pensa se fossi nei panni di Jean Pierre adesso..probabilmente non saresti in grado di sputtanarci tutti quanti..?” Billi dice queste cose girandosi verso Alessandro e bruciandolo con uno strano sguardo di pietra. Si vede che la sua consueta ironia è disabilitata da un misto di ansia e rabbia crescente.

Alessandro abbassa lo sguardo, volgendolo verso Agostino.

Agostino annuisce poi fa “Siamo sulla stessa barca Ale, fidati, nemmeno io conosco tutto te l’ho già detto”.

“Jean Pierre non gli dirà niente..è un duro” fa Billi che sembra colpito da un incantesimo che lo costringe a parlarsi addosso.

“Sapevo che non poteva essere dei nostri, ma l’ho lasciato entrare lo stesso..sono stato stupido lo so..” Sembra quasi che voglia levarsi un peso di dosso.

Il trenino prosegue a folle velocità in un tunnel illuminato a tratti da qualche neon.

“..non poteva essere uno dei nostri, lo sapevo..” Billi si volta di tanto in tanto mentre porta avanti le frasi.

Agostino incrocia il suo sguardo e gli fa “posso dirglielo?”

“Dirmi cosa?” fa Alessandro. Billi annuisce e così Agostino prosegue “Poco prima del tuo arrivo abbiamo perso il fante di cuori..sarebbe stato difficile rivederne un altro così presto, penso..”

“Vuoi dire che c’era già un fante di cuori?” chiede Alessandro quasi alzandosi dal sedile e per questo andando pericolosamente a sfiorare i bordi del tunnel. Agostino lo prende per una spalla e lo riporta in una posizione più sicura.

“Sì, se n’è andato via per sempre..” Agostino ha uno scarto nel tono della sua voce che mostra un certo coinvolgimento personale.

“Andato via?” Alessandro sembra dubbioso della risposta

“Morto. E’ morto non se n’è andato via..” fa Billi girandosi.

Agostino china il volto poi dice “Io spero sempre che possa tornare..e che sia stato tutto un incidente..”

“E come è successo?” chiede Alessandro

“Si è schiantato con la macchina in un burrone. Lontano, molto lontano da qui..”

Alessandro resta un attimo in silenzio poi la curiosità prende il sopravvento “e come si chiamava?”

“Rudi, si chiamava Rudi ed era un grande amico..” Agostino si morde un labbro.

“Mi spiace..” fa Alessandro.

“Ok,.grazie” Agostino guarda Billi che sembra non aver tradito alcuna reazione.

“Che coglione che sono stato..vi ho esposto tutti a un grosso pericolo..” Billi dondola la testa come per scacciare il peso che ha sul cuore e nella mente.

“..adesso hanno scoperto dove siamo..” aggiunge Billi, mentre di colpo davanti a loro compare la luce del sole e il verde di una macchia di rovi. Il trenino percorre una traiettoria in mezzo a una volta fatta di rovi. Poi, compiendo una curva secca di 90 gradi, si immette sulla monorotaia che usano i contadini per raccogliere l’uva Albarola, Bosco e Vermentino che utilizzano anche per fare lo Sciacchetrà.

La velocità rallenta di colpo e dopo un paio di minuti i tre si trovano sul ciglio di una strada in sasso da cui si vede la base delle tante case che compongono il villaggio. Scendono correndo in un viottolo circondato d muretti a secco e dopo aver salito una scalinata ripida si trovano nell’ingresso di quella che ha tutta l’aria di una cantina.

Billi spinge l’enorme porta in legno e il profumo del vino e del quasi vino che riposa nelle botti li avvolge in un attimo. Agostino sposta una leva nella piccola botte in basso e nella botte grande un movimento secco fa scoprire una botola.

I tre si calano dentro e dopo pochi metri trovano una scala a pioli che sembra salire molto in alto, verso l’oscurità.

La percorrono al buio sino a raggiungere quello sembra un minuscolo ballatoio. C’è una minuscola luce di cortesia e a fianco un bottone rosso illuminato. E’ un ascensore.

Billi preme il tasto e i tre, dopo qualche istante in cui hanno provato un senso di veloce sollevamento, si trovano in quello che ha tutta l’aria di essere un armadio visto le camicie appese alle grucce che si trovano davanti.

Agostino fa il gesto internazionale del silenzio a tutti 3. Poi apre lentamente uno spiraglio, spostando avanti una delle due ante dell’armadio. Intravede una figura china su Jean Pierre, che sembra sdraiato come un cadavere, e così decide senza pensare: si butta in avanti e con un pugno sulla schiena tramortisce il tipo che stava armeggiando sul corpo di Jean Pierre.

Troppo tardi per accorgersi di aver commesso un grave sbaglio.

La voce che sente gridare un debole “vaffanculo” con l’ultima stilla di forza è quella di Matteo.

Agostino è rosso d’imbarazzo. Alessandro vede i due corpi per terra e chiede “Sono morti?”.

Agostino sta per dire qualcosa, ma Billi con lo sguardo gli fa capire di stare zitto e poi per essere più preciso aggiunge “non adesso, è troppo presto Ago.”

Alessandro capisce ancora una volta di avere ancora molti segreti da conoscere su Korniglia, ma si concentra sul volto di Jean Pierre, sembra un bambino che dorme beato.

Pensa anche a cosa voleva dire Billi quando ha detto “ci hanno scoperti”.

Billi si china su entrambi i corpi sdraiati “portiamoli alla Torre, dobbiamo stare coperti finché quel biondino è in giro”

Agostino e Alessandro annuiscono.

Billi controlla sul suo iPhone le telecamere sparse in paese.

“Strano..” la frase esce dalla bocca di Billi quasi non pensata.

“Strano cosa?” dice Agostino.

“Niente..” Billi chiude l’applicazione e s’infila l’iPhone in tasca.

“Non c’è traccia del tipo in giro, ma passiamo comunque da dove siamo venuti..deve essere qui attorno”

Agostino prende Jean Pierre in spalla, mentre Billi e Alessandro tirano su Matteo.

“Minchia che legnata che gli hai rifilato Ago, fossi in te non passerei più dal suo bar per un po’..” fa Billi.

“Mi spiace, cazzo..comunque dal suo bar non ci sarei passato lo stesso per un po’..”

“E perché?” chiede Alessandro.

“Perché ha finito la birra..” risponde Agostino infilandosi assieme al suo pesante fardello nell’armadio.

sabato, ottobre 03, 2009

La vera storia del Grande B.


Pare siano uscite delle indiscrezioni sul Grande B.
Roba tipo la sua vita e la sua epica storia.

Se v'interessa cliccate qui.

Roba forte, però.

mercoledì, settembre 30, 2009

Er Barcarolo de Nicola Caverna chiama! (Selaschetti risponde)

Diciamocelo chiaramente, non me la sono mai presa più di tanto, anche se un certo fastidio - lo ammetto - c’è stato. Da quando scrivo per Black Milk non sono mai riuscito una volta che è una a finire nel riquadro centrale, quello della recensione o dell’articolo più importante***.

domenica, settembre 27, 2009

Mi arrendo anch'io: vai con la pubblicità (cinese)!

Giuro non mi sono montato la testa per le 100 visite quotidiane (dati Google Analytics), ma tengo anch'io famiglia. Per questo sono costretto a passare alla cassa.
Eccovi quindi uno spot. Me lo ha affidato una concessionaria cinese. Speriamo non sia il solito tarocco. O uno scherzo dello squalo batanga.

venerdì, settembre 25, 2009

Ne uccide più la lingua che la spada

Rivalutiamo gli avvocati che non si limtano a prendere in mano il caso...

(Da Repubblica.it)

Avvocata e detenuto, colloquio a luci rosse
sesso orale col cliente in carcere: sospesa
L'episodio è avvenuto nel carcere milanese di Opera e la penalista è stata sospesa per sei mesi dall'Ordine ("ha disonorato la professione").
Inutile l'imbarazzata spiegazione della donna: "Mi era caduta la penna sotto il tavolo"

giovedì, settembre 24, 2009

Gran bello sport

L'allenatore disse:"mi raccomando ragazzi, trovate il tempo ogni giorno per starvene qualche minuto da soli con la vostra mazza..."

(da Gazzetta.it)

Cricket, sesso prima dei match In compagnia o da soli
Sono i consigli dell'allenatore della nazionale indiana ai giocatori. "Fare sesso aumenta il livello di testosterone, che a sua volta aumenta forza, energia, aggressività e competitività"

lunedì, settembre 21, 2009

Korniglia tutto d'un fiato

Troverete qui una versione in pdf con tutti gli episodi.

Buona lettura con l'ultimissimo episodio della teleblogghela senza attrici che hanno fatto le escort di politici e attori che tirano di coca, assieme ai politici.
Forse.

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Gira il volume su 5 e il gain su 8, poi il suo Marshall combo 100 Watt, inizia a svegliare tutto ciò che dorme da lì a Vernazza. La sua chitarra nuova da quattro soldi strimpella un pezzo dei Nirvana del secondo album, quello più famoso. Canticchia “an albino a mosquito…”

Da quando è arrivato a Corniglia e si è potuto ricomprare la chitarra, questa è la prima volta che si mette a rompere le scatole al vicinato. A dir la verità non molto numeroso. Aristide abita praticamente a 20 metri da lui e di solito è troppo sbronzo alla mattina per reagire, poi per ritrovare la civiltà occorre percorrere almeno 100 metri più in su verso la piazza del paese. Billi lo ha sistemato nella prima casa che s’incontra risalendo i circa 300 scalini che vengono su dalla Marina, il piccolo approdo per le barche.

Prima di lui ci aveva abitato per qualche mese un artistoide pazzo, così gli aveva raccontato Matteo. Si faceva chiamare il Grande Bulacky. Che nome del cazzo, aveva pensato Alessandro. E pure come artista lasciava alquanto desiderare. Non dipingeva e nemmeno era uno sculture, faceva delle installazioni viventi. In una delle sue performance per poco il paese non cercava di linciarlo.

Dalla sua camera da letto ha una visuale su punta Mesco e, in alcune giornate particolarmente terse in cui i peli della schiena si rizzano come antenne per l’aria elettrica, sino alle cime più alte delle Alpi Marittime.

La sorte dopotutto gli è stata generosa, pensa, 80 metri quadri con vista mare, in uno dei posti più incantevoli che abbia mai visto.

Stamattina però si sente un po’ inverso. La chiacchierata serale con Billi e gli altri lo ha lasciato pieno d’inquietudine. Una sensazione che non provava da tempo. Almeno da quando è giunto qui.

La sua mente, in un attimo, lo riporta al suo arrivo a Corniglia. Toccato il suolo poco dentro la piazza dove arriva la strada che scende giù da San Bernardino e che unisce il quartiere della Chiesa al Borgo principale, si sentì come un bambino. Un bambino al caldo nel letto che, da sotto le coperte, avverte il suono del respiro della mamma.

La sua maledizione era iniziata pochi mesi prima del suo arrivo qui.

Una mattina appena alzato, avvertì un fastidio strano. Niente di particolare, ma abbastanza fastidioso: tutto quello che mangiava non aveva più sapore. Il caffellatte e la brioche sapevano di nulla. Anche i profumi e gli odori se ne erano andati via dal suo mondo.

Ci rimase male per tutta la giornata al lavoro, non capendo nemmeno bene a chi rivolgersi. Non è un dente che fa male che sai di dover finire dal dentista, pensò, chi è il dottore del gusto?

Chiese aiuto a un suo collega nella segheria in cui lavorava, che gli consigliò di andare direttamente al pronto soccorso di Nizza. Alessandro però non ci andò subito. “l’italiano” come lo chiamavano i suoi compagni di lavoro era un tipo testardo, lo sapevano tutti.

Ci si abitua a tutto o quasi nella vita e così andò avanti per un paio di giorni, mangiando e bevendo cose senza sapore, sperando sempre nel ritorno alla normalità. Con la mente cercò di indagare sulla causa e l’origine di questo problema insolito, mentre strimpellava con la chitarra una progressione di tricordi molto simili a “Smoke on the Water”. Sua zia, che lo sopportava dalla morte dei suoi genitori, non era in casa quella sera perché ospite a una dimostrazione di prodotti della Stanhome da un’amica di Saorge.

La sera prima di perdere il gusto era andato con Maria, una bella ragazza di Tenda dalle forme invitanti, a fare un escursione sopra a Casterino, nella valle delle meraviglie. Non è mai stato un amante delle lunghe passeggiate, ma la ricompensa probabile aveva avuto la forza di smuoverlo. Partenza all’alba dalla sua casa di Briga e poi, caricata Maria a Tenda, in auto sino alla destinazione: la valle delle Meraviglie.

Risalirono la valle poco sopra a Casterino e trovarono una zona incantevole e appartata. Una zona talmente graziosa che lui, per un attimo, si sentì come a casa.

Alessandro promise a Maria di amarla per tutta la vita un attimo prima di iniziare ad abbassarle i pantaloni. Ricordò che l’odore di sale e detergente intimo alla lavanda del suo sesso si mescolava con il profumo aspro dei mirtilli che avevano raccolto e mangiato al volo strada facendo.

Sino a quel momento dunque, tutto bene, ripensò.

Per un attimo il suo sguardo si era fermato sulla mano di lei, mentre si muoveva sul suo membro. Un particolare lo aveva colpito: una macchia violacea sul palmo delle mani di Maria.

Nel momento stesso in cui si lasciava venire nella sua bocca, precipitando dall’Eden, la sua mente lo aveva portato a cercare lo stesso segno sulle proprie mani. E infatti trovò la stessa macchia anche sulla punta dei suoi polpastrelli.

I mirtilli macchiano dannatamente. Alessandro fumò con calma la sua sigaretta e poi si avvicinò al piccolo laghetto che stava a pochi passi dal loro bivacco.

Aveva detto a Christine, la sua ragazza, che quel giorno avrebbe dovuto accompagnare in Italia la zia a comprare dei prodotti per la casa da mostrare alle proprie amiche. Con lei si era già sporcato diverse volte le mani in quella maniera. Avrebbe di sicuro potuto scoprirlo.

Maria si era assopita, abbastanza soddisfatta.

Immerse le sue mani nell’acqua gelida e iniziò a strofinare le dita con forza. Due e tre volte, senza apprezzabili risultati. Le macchie erano ancora lì e le mani cominciavano a intirizzirsi dal freddo. Decise di strofinarle con il fondo del laghetto, utilizzando la sabbia mista a piccoli sassi. Sfregò con decisione e il risultato non fu migliore. Ma, tra le piccole pietre che gli rimasero in mano, un granello di roccia gli sembrò subito particolare. Aveva delle striature gialle che sembravano accendersi come i tubi al neon delle insegne pubblicitarie. Strizzò gli occhi un paio di volte per vedere se l’effetto svaniva, invano. Poi si ricordò di tutte quelle pietre che raccoglieva al mare da piccolo e che, una volta fuori dall’acqua e asciugate, perdevano tutta la loro bellezza e particolarità.

Così prese questo piccolo granello di pietra e, tirato fuori dall’acqua, se lo mise sul palmo della mano. Visto così era davvero microscopico. Poco più di una testa di un chiodo.

Ma pur sempre pulsante o così pareva.

Lo prese tra il pollice e l’indice, strofinandolo lievemente e poi l’avvicinò agli occhi per vederlo meglio. Avvertì un profumo esotico, tipo l’incenso che vengono alla fiera di Gap di fine maggio.

Sentì anche il calore tornargli nelle mani e in tutto i corpo.

“Alessandro!” una voce di botto lo fece voltare. Dal mezzo spavento il granello pulsante gli cascò dalle mani finendo di nuovo in acqua.

Maria si era svegliata e lo stava chiamando.

Aveva fatto un brutto sogno. Un cavaliere era arrivato giù dalla montagna cavalcando a rottadicollo, ma proprio davanti al laghetto due sicari lo avevano raggiunto e ucciso. Il suo corpo era stato gettato nel lago. Prima di vederlo affondare aveva notato sulla sua schiena un drappo di velluto chiaro con al centro il disegno di un fante di fiori.

Non disse nulla ad Alessandro, si limitò a tirarsi su e andargli incontro. Lo vide stranamente scosso e con le mani caldissime. Un sorriso sul suo volto le fece pensare che andava tutto bene. E così fu.

Poco dopo, infatti, lo sentì venire sulla sua schiena, un attimo prima che le sue ginocchia incominciassero a farle male.

Gli chiese se la storia con Christine era roba seria o meno. Alessandro giurò sulla testa di sua zia che era una storia finita. La riaccompagnò a casa e la salutò senza troppe smancerie.

Ogni animale è triste dopo il coito.

Rimettendo la sua Fender Stratocaster nella custodia, Alessandro ne concluse che, episodio del granello a parte (forse dovuto alla canna che si erano fumati prima di fare l’amore), niente di strano poteva esservi all’origine del suo problema.

Quella sera le cose iniziarono a peggiorare.

Durante la notte una serie di visioni vivide lo colpirono a metà tra la veglia e il sogno. Una in particolare lo fece sussultare, riguardava Maria. Nella visione, la vedeva camminare in un sentiero di mezza montagna, circondata da grandi alberi di castagno tutt’intorno a lei. L’aria intorno a lei, dapprima piena di luce, di colpo si oscurava. Il sentiero di sassi e polvere diventava dapprima iridescente e poi di colpo assumeva le forme e le fattezze delle spire di un serpente.

Alessandro si svegliò in un mare di sudore. Prese il telefono e compose il numero di Maria, senza riceverne alcuna risposta.

Un terribile ronzio nelle orecchie e un cerchio alla testa lo convinsero ad andare, finalmente, al Pronto Soccorso. Chiamò Christine per farsi accompagnare, ma nemmeno lei rispose.

Il viaggio verso Nizza fu un vero calvario.

La zia, chiese a un suo “caro” amico, di portarlo in macchina.

Venne a prenderlo all’alba con la sua Panda 4x4 blu.

Alessandro sentiva aumentare il disagio a intermittenza: c’erano curve o passaggi in cui sentiva il suo corpo vibrare come se qualcuno lo stesso tirando per la pelle verso un’altra direzione. Il conducente dell’auto, un signore sulla sessantina dai capelli tinti pieni di lacca, scambiò il suo malessere con un tipico caso di mal d’auto. Forse avanzò nella sua testa anche l’ipotesi di astinenza da droga, alcool o entrambe. Il tizio scambiò qualche sguardo di rimprovero con Alessandro. La radio, il cui segnale andava e veniva, era puntata su una stazione di musica anni ’60. Un telegiornale flash parlò di un problema con i sussidi degli allevatori e di una vecchia, il cui nome si perse in una zona senza sintonia, trovata morta vicino a Briga.

Lo scaricò al Triage del Pronto Soccorso, accennando solo un saluto con l’espressione del viso, e riprese veloce la sua strada verso le montagne: la zia di Alessandro aveva in serbo per lui una bella ricompensa.

Nell’attesa della visita il fastidio sembrò placarsi. Si era seduto su una sedia da cui si poteva scorgere il sole, già abbastanza alto, verso sud est.

Lo ricoverarono per accertamenti.

La prima notte in ospedale (neurologia), Alessandro vedeva le ombre sul soffitto della camerata, alternarsi alle luci dei fanali delle ambulanze. Nel sogno si vide correre nella foresta con il cuore in gola e la sensazione di essere inseguito. Poi vide i genitori che lo salutavano, un attimo prima di salire su quell’aereo che non arrivò mai. Alla mattina, appena sveglio, il fastidio generale era ancora lì. Il caffelatte e la Brioche più anonime della sua vita, servite però da un’infermiera dalle forme ipertrofiche.

Almeno dai piani bassi qualche piccola reazione c’era ancora: si rianimò per un attimo.

Chiamò Maria con il cellulare: nessuna risposta. La preoccupazione gli rimase in testa per qualche minuto. Andare in bagno fu uno stupido gioco. Alessandro si accorse che riusciva ad andare con più facilità verso i bagni che stavano in fondo al corridoio, andando verso il reparto di Medicina Generale. Il suo corpo viaggiava di gran lasco, veloce e motivato, mentre se solo provava a raggiungere i bagni più vicini, che stavano di fronte all’ambulatorio del reparto, i suoi piedi diventavano di cemento e soprattutto, il ronzio che aveva in testa aumentava enormemente.

Questa cosa, assieme a un sudoku che aveva trovato sull’edizione domenicale del Nice-Matin tenne la sua mente impegnata per un po’. Almeno sino alla prima visita dal Neurologo.

“Le fa male se schiaccio qui?” fece il giovane medico.

“No, per niente..” rispose Alessandro.

Poi prese una penna che in realtà si dimostrò essere una sorta di piccola torcia luminosa e si mise a sventolargliela davanti agli occhi “segua questa luce con gli occhi per cortesia”.

“Ha mai fatto uso di droghe?”

“No” rispose secco, ma per un secondo esitò.

“Ha per caso dei genitori che hanno avuto forme di tumore?”

“No”

“Oltre alla mancanza del gusto e dell’olfatto, ha per caso avuto delle allucinazioni?”

“No” Alessandro aspettò un attimo prima di rispondere, pensò: i sogni appartengono alla categoria delle allucinazioni oppure no?

“Ci sarebbe una cosa che trovo strana…”

“Quale?” il giovane medico lo guardò per la prima volta negli occhi.

“E’ come se il mio corpo preferisse andare in una direzione..”

Il giovane medico si fece pensieroso, poi chiese “e quale sarebbe questa direzione?”

Alessandro fece qualche passo e poi indicò deciso verso la finestra, verso il Mont Boron.

“ah, bene..” disse il giovane medico.

“Bene, cosa?”

“No, dicevo così tanto per dire..” il giovane medico si sedette e inizio a scrivere sul suo computer.

“Si rivesta pure..”

Il giovane medico inforcò gli occhiali da miope elegante e iniziò a scrivere al computer.

Uno strano pop-up accese per un istante la sua attenzione.

“Dunque come ha detto che si chiama lei?”

“Alessandro Acquistapace”

“..ed è nato a..”

“Como l’8 agosto 1985”

Il giovane medico alzò lo sguardo e facendo una mezza smorfia ironica aggiunse “italiano…”

“Si, ma sono guarito” rispose Alessandro mostrandogli tutta la sua indifferenza su Patria, Dio e Famiglia.

Il giovane medico gli disse con estrema freddezza che poteva anche trattarsi di un tumore al cervello e che aveva deciso di tenerlo dentro un po’ per degli accertamenti.

Alessandro non fece una piega, poi una volta tornato in reparto, s’infilò in bagno a piangere.

La vita, soprattutto quella del giovane venticinquenne, non gli dispiaceva affatto. Aveva mollato l’università per il duro lavoro, ma i week-end che si poteva permetter con lo stipendio da operaio specializzato erano molto belli lo stesso.

Si caccio in branda con il volume del suo iPod al massimo.

Dalle cuffie uscivano i suoni balsamici di un brano di Nick Cave.

I pensieri di Alessandro, imbizzarriti gli rimandavano immagini scure cariche di finali tristi da film di quartordine.

..papa won’t leave you Henry…

Avrebbe raggiunto i suoi genitori un po’ in anticipo, pensò, e subito dopo si dolse del fatto che non poteva nemmeno gustarsi l’ultimo pasto del condannato a morte.

..papa won’t leave you boy..

Quella notte ebbe visioni di morte, ovviamente, ma non della sua. Vide una vecchia dai lunghi capelli bianchi, con solo due denti ancora in piedi, che implorava di non essere ammazzata vicino a un torrente. Vide il riflesso della vecchia nell’acqua del torrente diventare rosso. Poi, e l’immagine sembrò avere il potere di dargli un temporaneo sollievo al malessere delle altre visioni, iniziò a distinguere la figura di un piccolo paese arroccato sulla collina di fronte al mare.

Non conosceva quel paese, ma ne rimase incantato.

Le visioni del paese iniziarono ad arrivargli in pieno giorno, forti e nitide come i flash di uno che ha leccato acido un po’ troppo forte. Sembravano una serie interminabile di cartoline del solito posto, visto e preso da diverse angolazioni. Iniziò a riconoscere sullo sfondo del paese una sorta di promontorio imponente con un altro paese ai suoi piedi, direttamente sul mare.

Vide una via stretta su cui si affacciavano case alte dalle facciate in pietra. Scorse anche dei particolari delle stesse in cui saltavano fuori qua e là come una sorta di ferita, dei pezzi di archi acuti medievali.

“Pronto, stai bene?” la voce di Maria finalmente rispose al telefono. Alessandro aveva bisogno di sentire una voce amica. Sua zia, ammesso che lo fosse, non si era più fatta sentire da quando era entrato in ospedale. La sua ragazza ufficiale idem, ma per lavoro a volte spariva per un po’, quindi non c’era da stupirsi. Almeno, pensò, non avrebbe dovuto giustificare le macchie di mirtillo sulle sue mani.

A Maria raccontò tutto come un fiume che rompe gli argini. Le disse del problema e giusto per fare un po’ di terapia, le parlò anche dell’episodio della pietra. Non le parlò delle visioni e dei sogni perché non voleva sembrargli pazzo. O almeno pazzo del tutto.

Niente in confronto a quello che gli disse Maria. Maria gli disse che al ritorno dalla loro gita si era sentita strana e aveva deciso di andare da Madame Triora, una vecchia molto famosa in Valle Roja per le sue capacità medianiche. Alessandro ne aveva sentito parlare e i giudizi che le persone avevano di lei spaziavano da chi le credeva a chi la definiva una pazza a chi invece la considerava una truffatrice. Maria aveva raccontato tutto a Madame Triora, compreso il sogno del cavaliere. Nel suo racconto continuò a non fare cenno di questa cosa ad Alessandro. Va bene far la figura della superstiziosa, ma di ragazza malata di mente, in questo frangente, forse non sarebbe stato il massimo, pensò.

La vecchia, sentendo la storia, e interrogando gli spiriti, mise in guardia Maria. Il male stava tornando nella Valle e lei, Maria, “aveva sfiorato l’entità portatrice di questa nuova ondata di morte, dolore e lacrime”. Alessandro si sarebbe volentieri fatto delle risate se il racconto di Maria si fosse fermato qui, ma la ragazza con le lacrime agli occhi aggiunse che Madame Triora era stata massacrata poco dopo il loro incontro. Un cliente dopo di lei, l’ultimo della giornata, l’aveva trovata sparpagliata nel bosco a pochi passi dalla sua capanna e da Notre dame des Fontaines, la piccola Chiesa sulla strada verso la Bassa del Sansone. Chi l’aveva massacrata lo aveva fatto senza alcuna ispirazione precisa a parte la furia e la devastazione: la testa completamente staccata dal corpo era rimasta appesa per i lunghi capelli bianchi, intrisi di sangue, ad un arbusto fitto e spinoso di lamponi.

Alessandro ricordò il suo sogno della notte precedente e un sudore freddo incominciò a percorrergli la schiena.

Maria era stata interrogata a lungo dalla polizia in qualità di testimone e di potenziale indiziata. Le accuse erano comunque cadute quasi subito, vista la violenza e l’efferatezza del crimine, una ragazza da sola non poteva di certo essere stata. Oltre al fatto che tutti i clienti della Brasserie in cui lavorava l’avevano vista servire i tavoli nelle ore in cui probabilmente Madame Triora andava a incontrare i suoi informatori.

Alessandro cercò di rincuorarla, ma l’immagine del suo seno e del suo sesso lo portarono lontano per qualche interminabile secondo.

“Alessandro..mi senti, Alessandro..?”

“Sì, scusa ti sento, per un attimo è andata via la conversazione…”rispose recuperando a situazione Alessandro. Decise comunque di tentare: non siamo forse missili puntati sul piacere?

E cosi le chiese diretto “Portami quella cosa, Maria”. Lo disse con un tono di voce basso, osservando le reazioni dei suoi compagni di stanza. Il vecchio a fianco a lui, ruminava placido senza dargli la minima attenzione.

Dopo qualche secondo Maria rispose “In ospedale? Ma sei sicuro?”.

“Si, incomincio ad averne bisogno, portami quella cosa ti prego, c’inventeremo qualcosa..abbiamo entrambi bisogno di pensare ad altro..” Alessandro tentò la carta del bene comune e attese. Un vecchio nel letto di fronte a lui lo fissò con un’espressione da reprimenda. Alessandro gli mandò una serie di baci ravvicinati che lo costrinsero a distogliere lo sguardo.

“Va bene, domani sarò lì da te..ciao” la sventurata rispose.

Alessandro sentì un certo sollievo: l’idea di vedere Maria lo tirò su. Soprattutto il fatto di poter ricevere da lei “la cosa”, il codice che usavano per fissarsi un appuntamento in cui poter fare sesso. Lo avevano stabilito per evitare problemi con Christine, anche se poi non lo avevano quasi mai usato se non per scherzo. Effettivamente si dissero, tra dire portami una cosa e facciamo sesso non c’era poi tutta questa differenza nel caso la tua ragazza o il tuo ragazzo avesse intercettato il messaggio. Ma in questo contesto, in cui non voleva far sapere a tutti i presenti le sue intenzioni, era di fatto stato molto utile. Il vecchio di fronte però, sembrò forse aver compreso la cosa e per un istante si passo una mano sulle parti basse.

Alessandro si sentì meglio per un attimo, poi si ricordò di avere una buona probabilità di morire da lì a breve e tutta l’allegria si sfasciò come un palazzo demolito con l’esplosivo.

Quattro colpi forti dall’armadio in sala, nella sua casa con vista mare e infinito a due passi da Aristide, riportano Alessandro nel presente e a kilometri e kilometri dal suo ricordo.

Posa la chitarra e fa “chi è?”

“Lo squalo batanga!”

Per un attimo Alessandro ha un deja-vu. Ma non riesce a mettere a fuoco. Ha riconosciuto la voce e quindi apre l’armadio.

Billi lo guarda da quello che sembra l’interno di un piccolo ascensore moderno. Ha spostato gli omini carichi di camice e pantaloni di Alessandro e con un gesto lo invita a infilarsi nell’armadio.

“Che c’è..non potevi passare dalla porta?”

“E’ sparito il nuovo arrivato, meglio fare le cose al coperto..”

“Mi metto le scarpe e arrivo” fa Alessandro.

“Ti aspetto..”

Alessandro prende i suoi Doc Martens e parecchi giri di stringa e bestemmie (pensate) si rimette in piedi. Sposta le camice e i pantaloni appesi nell’armadio sino a vedere la cabina nascosta dell’ascensore.

Billi fischietta un brano qualunque. Forse un pezzo degli U2.

Che banale pensa Alessandro.

“Dovremmo metterci della musichetta di cortesia in questi ascensori, eh?!” dice Billi, schiacciando un tasto rosso con il simbolo della luna. La porta si chiude e i due sentono i propri corpi provare ad opporsi a una rapida discesa.

Alessandro annuisce poi fa “ma la musica la scelgo io se permetti..”