lunedì, maggio 30, 2011

Libertà (niente a che spartire con il partito)

"Non voglio essere libero di fare quello che penso, ma voglio essere libero da quello che penso"
R. Buchago 2011

domenica, maggio 29, 2011

Amaro

"L'umanità è la domenica mattina: creder che il lunedì mai arriverà" R. Buchago 2011

Inviato da iPad

sabato, maggio 14, 2011

In morte di Derek Miller


«Nessuno può immaginare cosa veramente lo aspetta nella vita. Possiamo pianificare e fare ciò che ci piace, ma non possiamo aspettarci che i nostri piani funzionino. Spero che questo sia quello che le mie figlie imparino dalla mia malattia e dalla mia morte»
 



lunedì, maggio 09, 2011

Buchago a Venezia

- lo spriz costa due Euri: bisogna aver perso un impero per diventare saggi.
- bancarelle che vendono frutta e verdura alle 22 e 12.
- gli archi veneziani hanno una forma che non vorrei mai prenderli nel sedere.
- verso sera di primavera il rumore dei trolley dei turisti americani copre quello delle rondini.
- nei vari "campi" extracomunitari lanciano in aria oggetti luminosi che ripiombano per terra lentamente in cerca di acquirenti.
- cortili privati in zona Cannaregio mostrano corridoi stretti e ameni bordati di alberi e piante: forse é quello che vede e che prova il pisello quando entra nel suo luogo preferito.
- la fiamma delle ciminiere e la linea delle fabbriche di porto Marghera é la tristezza dell'uomo dopo il coito.

lunedì, maggio 02, 2011

Ginobruzzè ad ArdCore

“ce l’ha l’ultimo numero di Scupà come bbestie per tutti” Ginobruzzè per farsi capire meglio ripete “scuu-pà” due volte accompagnando il suono con un bel gesto del clacson prolungato. Sul suo volto compare l’espressione dell’attesa spasmodica.

L’edicolante scuota la testa. Mi spiace l’ultimo non è ancora arrivato posso darle “Onanismo Facile” è in offerta con il “Manuale del Manuale” un libro di Thomas Turbato. Un’espressione da vaga presa per il culo illumina la faccia dell’uomo dentro al chiosco dei giornali. “No grazie a me ‘ste robe straniere non mi interessano” fa Ginobruzzè, quando un particolare rapisce la sua attenzione. Sulla copertina di Oggi, a fianco alla foto di Carlo Conti che dice di essere stato salvato da una terribile malattia della pelle grazie a Padre Pio, legge il titolone “Notti di fuoco ad Ardcore”. “Prendo questo e tenga il resto” dice Ginobruzzè che se ne esce trionfante con la sua copia di Oggi.

Ginobruzzè, arrivato a casa si precipita in bagno a leggere avidamente l’articolo in cui si dice chiaramente che ad Ardcore* si scopa, si scopa per davvero.

“Si andrò ad Ardcore” esclama Ginobruzzè in bagno, suggellando il patto con se stesso con una scorreggia tonante. La moglie dalla cucina gli grida “Bravo Ginobruzzè, e portaci pure quel culaccio fetente che ti ritrovi!”.

La mattina dopo Ginobruzzè, indossate le mutande della festa (quelle con i babbinatali nudi che inseguono delle renne in lingeria) saluta la moglie, che prima di congedarlo gli fa ”mi raccomando fatti fare l’autografo dal mio conduttore di Telegiornale preferito è così tanto una brava persona..” e inforca la sua bicicletta in direzione Ardcore.

Arrivato davanti alla famosa villa degli orrori citofona. “Chi zei Tizorro?” risponde una voce vagamente femminile dal forte accento brasiliano. “Sono ginobruzzè” fa ginobruzzè.

“Ecche vuoi tizzorro?”

“Voglio scupa! Scuuupà! Scuupaa!” mormora ginobruzzè.

“E hoccapito tizorro, mica sono sorca..pardon volevo dire sorda!” un tappeto di finte risate stile sit-com avvolge il tono della voce da donna che si è fatto pericolosamente più roco.

Il cancello si apre.

Ginobruzzè non sta più nella pelle e mentre percorre il vialetto di ghiaia che conduce alla villa non può trattenere un “e bravo ginobruzzè, stavolta se scuu-u-u-pà, sc-u-u-uppa-aaà”. Ginobruzzè avanza dando rapidi colpetti di clacson nell’aria con la mano, emettendo un gridolino di piacere.

A un certo punto davanti all’ingresso viene fermato dalle guardie della tenuta. Sono vestite da poliziotti americani in stile Village People. C’hanno i pantaloni in pelle coi buchi sulle chiappe.

“Che ffai Ginobruzzè! Fermati sai!” gli fanno le guardie in coro con un tono che Ginobruzzè riconosce. Sembra quello di Christian De Sica quando fa la parte di Don Buro.

“Signore guardie, sono qui per scupà! Ci sono problemi?” fa Ginobruzzè.

“Nessun problema Ginobruzzè, ma prima devi superare la prova del confessionale” dicono le guardie in coro.

“Figata” fa Ginobruzzè che del grande fratello è fan della prima ora.

Ginobruzzè apre la porta ed entra nel confessionale, ma subito si accorge che non è quello che aveva immaginato e sperato. Nel buio della stanza una luce riverbera la presenza di un energumeno incappucciato. Una scritta sul pavimento, composta da svariate torce ardenti a forma di fallo, recita “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (di bocca)”.

“Ginobruzzè, Ginobruzzè, spegni la fiamma che è dentro di te!” fa una voce cavernosa.

“oh signore che si deve fa per scuupà! Sc-uuu-paaaàà” fa Ginobruzzè.

“Ginobruzzè, Ginobruzzè, spegni la fiamma che è dentro di te!” lo incalza la voce cavernosa.

“Eh va bene, va bene, ho capito, ma con cosa la spengo la fiamma che è dentro di me?” chiede Ginobruzzè.

Un’ora più tardi Ginobruzzè esce dal confessionale piuttosto provato, portato via dalle due guardie con le chiappe di fuori. La voce cavernosa gli intima “e ringrazia Iddio che non te le ho fatte spegnere con la bocca..e adesso vattene Ginobruzzè, solo gli onorevoli o i leccaculo possono entrare qui dentro, ricorda!”

Ginobruzzè abbozza un “onorevole no, ma almeno sul secondo aspetto potevate mettermi alla prova..”

Scaraventato fuori dal cancello della villa Ginobruzzè pensa seriamente a una sua discesa in campo, poi il pensiero di non essere moralmente all’altezza di tutti quegli uomini che si fregiano del titolo di onorevole o di senatore lo fanno tornare a ben più miti consigli.

Con gli amici al bar Ginobruzzè, tra un Punt e Mes e un prosecco sgasato, ripensa che forse deve proprio avere una bella fiamma dentro di sè se ancora il culo gli brucia come mai ha fatto nella sua vita.