giovedì, agosto 27, 2009

Era meglio il tarocco...(Korniglia dopo le ferie)


Continua la teleblogela più appassionante degli ultimi 15 secoli.

La puntata precedente la trovate qui.

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“Allora s’è svegliato?”

Alessandro va incontro a Billi e Agostino, poco fuori dal canile.

Esce dal buio del sentiero che scende dal cimitero verso il borgo. C’è un solo piccolo lampione che oscilla sotto i colpi del vento e lo rende più o meno visibile.

“Macchè!” Agostino risponde deluso, dopo aver riconosciuto Alessandro.

“Ce ne stiamo andando, qui non c’è niente da vedere a parte il bell’addormentato..” dice Billi.

“Te l’ha detto Nino che s’è svegliato, eh?” Agostino pensa ancora che Nino abbia raccontato una balla.

“No, non ho visto Nino, ero da Matteo e poi sono arrivato qui passando dal Sotto..c’era il Maresciallo in visita”

“No, ancora quello scassa palle..ci avrà pensato Matteo a sopportarlo, povero Matteo!” Billi sorride.

“Avete già preso la medicina?” Alessandro guarda Agostino, il quale annuisce poi aggiunge “Non è che posso approfittarne anch’io?”

“Certo, tieni..” Billi si fruga nelle tasche e gli tira un piccolo sacchettino.

Alessandro lo prende al volo con la mano libera, poi gli fa “grazie, ma non avevo bisogno del materiale, guarda qui cosa mi ha dato Matteo per te..”. Alessandro passa il grande pacchetto a Billi.

“..avrei solo bisogno che qualcuno me la rollasse..”

“Hai capito il signorino!” dice Agostino

Billi fissa il pacchetto con interesse, poi fa “bene dovremmo riuscire a passare l’inverno”

“Dovresti imparare da solo” dice Agostino “ormai avrai un milione di anni e non sai ancora come si fa una canna?”

“Sono pigro..è vero e poi mi dà un fastidio cane leccare la cartina..” Alessandro si gratta la testa. Sembra un gesto d’imbarazzo.

“Non ti sei ancora abituato a qui, eh?” dice Billi.

Alessandro scuote la testa.

“Tranquillo passerà, com’è passato a tutti noi..” fa Billi.

“Lo spero, anche se vedo che continuate a prendere la medicina..”

“Sì, ma non per curare..è che ci abbiamo preso gusto..a proposito, il ronzio nelle orecchie, almeno quello è andato via, vero?” Billi mette una mano sulla tempia di Alessandro.

“Sì, quello è passato…” Alessandro si lascia controllare.

“..e le visioni? Sembrano ancora reali?”

Alessandro annuisce.

“Stiamo andando da Agostino vieni che ne parliamo lì” Billi prende un iPhone dalla tasca.

Apre un applicazione con degl’indicatori tutti color verde. Tocca lo schermo e una serie di video appaiono in rapida sequenza. Sono le immagini che provengono da una serie incredibile di telecamere sparse nel paese.

“Nessuna traccia di Caramba, sto diventando paranoico” Billi spegne l’iPhone e lo rimette in tasca. L’ultima diavoleria di Riccardo fa il suo dovere, pensa.

“Notizie da Riccardo?” Billi chiede ad Agostino

“No e la cosa mi preoccupa, magari proviamo a chiamarlo stasera che dici?”

Billi annuisce.

“Andiamo allora” Agostino si avvia verso il paese. Il viottolo, un misto di pietre e terra con qualche arbusto selvatico, scende dal cimitero e poco dopo il canile, fa una curva stretta e di colpo viene incorniciato da due muretti a secco abbastanza alti da non far vedere i campi incolti e le vigne abbandonate che ci stanno dietro. Poi, dopo aver superato una volta in alabastro grigio che unisce due case, si entra nel carrugio principale del paese. Lo stesso dove, un centinaio di metri più avanti, si trova il bar di Matteo.

Il vento freddo intima alla compagnia di accelerare il passo.

Al terzo portone sulla sinistra, risalendo verso la piazza, Agostino si ferma e spinge la porta.

S’infila dentro seguito da Billi e Alessandro. Proprio quando stanno per salire quelle scale ripide da tipica casa ligure, sentono chiamare “Billi” dal carrugio. Qualche secondo dopo appaiono le teste di Matteo e Jean Pierre.

“Hai chiuso il bar?” dice Billi guardando i due dall’alto dei primi 4 scalini che ha già percorso.

“No, ho lasciato Aristide a dare da bere a chiunque. Tanto stasera con il freddo che fa se ne stanno tutti a nanna i cinque vecchietti del paese ancora in grado di deambulare”

“Ti scolerà tutto l’Averna ” fa Agostino.

“Lo so, e vabbe’, tanto se lo beve solo lui qui” Matteo comincia a salire le scale.

L’ultimo, Jean Pierre, chiude il portone gridando “Che se magna?”.

Nell’appartamento, una grande sala dalle pareti in pietra con due divani enormi in pelle, un tv LCD di almeno 45 pollici e un bel biliardo un po’ decentrato sulla destra, accoglie i quattro, alla fine di 4 piani impegnativi.

Una vetrata molto grande porta dalla sala a un terrazzo a due livelli, una sorta di giardino pensile, con una mostra di piante diverse tra cui ulivi, agavi e Booganville.

“Visto che poi ci butteremo fuori a ruttare sino alle 4 di notte, qualcuno può accendere il fuoco?” dice Agostino.

“Quello centrale o anche quello per la brace?” dice Jean Pierre con espressione speranzosa.

“Tutti e due Jean, stasera ho un po’ di cose interessanti da fare sulla griglia”.

Jean Pierre sorride contento, conosce la bravura di Agostino e la sua capacità di rendere anche dei pezzi di carne o di pesce poco pregiati, dei piatti eccezionali. Soprattutto sulla brace.

Si tira indietro i lunghi capelli bianchi e li lega con un elastico: vuole essere comodo durante la preparazione dei due fuochi.

La cucina di Agostino farebbe invidia alla sua Osteria, che occupa il piano terra dell’edificio, proprio a fianco del portone d’ingresso della sua casa. Una serie di forni e piani cottura professionali, come le padelle e le casseruole dal fondo in rame e acciaio presenti nell’armadio a vista, fa bella vista nell’ampio locale.

Apre uno dei frighi e poi esclama “..ma mìa che bèla roba a ghe chi” tirando fuori un cestello con dentro dei pesci, un suetto, due mormore e un paio di orate e 4 o 5 polpi di medie dimensioni.”

Billi finisce di preparare una canna, osservato da Alessandro poi dice “Vedi il filtrino?”.

Alessandro annuisce mentre Billi continua “se lo vedi di profilo sembra una doppia s in un cerchio..poi lo metti qui e lo brilli..devi premere bene e poi..” Billi lecca la cartina. Alessandro contrae l’espressione del volto rispondendo automaticamente a una sensazione di disagio.

“Tieni accenditela..” Billi gli passa il piccolo manufatto.

Più tardi, quando la campana di San Martino batte la mezzanotte, Alessandro sta mettendo i piatti nelle lavastoviglie e tutti gli altri sono seduti fuori, davanti al grande fuoco acceso nel braciere al centro del terrazzo. I riflessi delle fiamme sui loro volti li fanno sembrare tanti piccoli bambini al campeggio che passano il tempo a raccontarsi storie spaventose con la torcia elettrica sotto il mento.

“..e allora gli ho detto per le chiamate per l’estero deve fare lo 00!” dice Matteo e tutti quanti scoppiano a ridere. Quando il rumore delle risate finisce, tutti tornano a fissare il fuoco e a seguire la deriva dei propri pensieri.

Poi Alessandro di colpo fa “secondo voi è lui il fante di cuori?”

Billi si aspettava di dover rispondere a questo quesito, ma nonostante ciò, avverte una forma di disagio e per qualche secondo se ne resta a guardare le fiamme, quasi potessero dargli ispirazione.

“E perché dovrebbe esserlo? Mi sembra che abbia chiesto del fante di cuori..?” Billi butta giù tutto il contenuto del bicchiere.

Alessandro resta per un attimo ad aspettare che lui continui, ma Billi sembra non aver intenzione di proseguire.

“..allora, è il fante di cuori si o no?” Alessandro alza il tono della voce, destando dal torpore Matteo che per riprendersi scuote la testa e si mette a fissare lo spazio tra Billi e Alessandro. Sullo sfondo vede baluginare, sulla cima della collina, le luci di San Bernardino.

Poi tutto a un tratto Billi torna a parlare “ti ricordi Alessandro quando sei arrivato qui? Quant’è ormai, sei mesi? Qualcosina di più..vero? Ok, ti ricordi cosa provavi quando sei arrivato qui?” Billi fissa Alessandro, il quale dopo aver sostenuto lo sguardo per qualche secondo gli fa “Sì, lo ricordo, avevo una sete bestiale e non riuscivo più a dormire da una settimana, tanto che la gente mi scambiava per un tossico, avevo gli occhi rossi come un talpone..e nei miei sogni c’era sempre quella cosa dalla forma indecifrabile di color viola..”

Billi lo interrompe “..ecco, diciamo che i segni della maledizione sono abbastanza evidenti, quindi non ci resta che aspettare che si svegli..per capirlo” poi come anticipando la domanda di Alessandro riprende “..e il fatto che si sia già svegliato e abbia detto qualcosa sul fante di cuori non vuol dire necessariamente che sia un maledetto..l’associazione delle visioni alle carte è solo un giochetto che facciamo noi..qui”.

Alessandro per un attimo ricorda come sia stato Billi a suggerire la carta del Fante di Fiori come risposta alle sue visioni e a come effettivamente quel simbolo avesse trasformato una cosa non definita e non compresa dalla sua testa in un’immagine precisa e conosciuta. Un po’ come quegli strani poster dove si vedono solo delle macchie di colore incomprensibili e poi dopo, se riesci a mettere lo sguardo in un certo modo, saltano fuori degli oggetti ben riconoscibili e in tre dimensioni. Ancora oggi si chiede se effettivamente le sue visioni abbiano in qualche modo rappresentato la carta di fiori o se non si sia trattato di una suggestione da parte di Billi.

Jean Pierre mette la sua mano nervosa e nodosa, segnata dalle prime macchie della vecchiaia, sopra la spalla di Agostino “quel polpo alla griglia era incredibile..davvero, non ho mai mangiato una cosa del genere, cosa ci hai messo dentro eh?”

Agostino sorride senza rispondere, la sua mente è interessata dal dialogo iniziato da Alessandro.

“Comunque per tagliare la testa al toro gli ho fatto il test, se tutto va bene tra poco sapremo se dobbiamo aggiungere un posto a tavola..” poi Billi facendo una voce profonda aggiunge “fratelli allungare il brodo e dividere il pane..” e si mette a ridere. Da solo.

Agostino si alza e rientra in casa.

Matteo, che ha seguito il dialogo con attenzione, fissa Billi e poi gli fa “se lui è davvero l’ultimo dei fantastici 7, ci devi la famosa spiegazione, vero?”

Billi si alza e va verso la ringhiera. Guarda in alto dove son tornate le stelle, grazie al vento.

Alessandro, sentita la domanda di Matteo, sembra percorso da eccitazione liquida. Anche Jean Pierre per un attimo trattiene il respiro.

“Cosa vuol dire l’ultimo dei sette?”

Matteo si dà uno schiaffo sulla fronte “cazzo, che stupido non glielo hai ancora detto dei 7? Non mi ricordo mai che hai sempre aspettato un po’ prima di svelare ‘sta roba..”

Billi si metta a ridere “sei proprio un cazzone Matteo..un cazzone ubriaco..”

Alessandro si accende di rabbia e si mette a gridare “smettetela di fare questi giochetti da stronzi..non potete trattarmi da ragazzino..capito!”

“Calma, ohi, vedi un po’ di calmarti adesso..” dice Matteo, mentre si copre con un plaid sino al collo.

Billi si volta, restando con le braccia appoggiato alla ringhiera. Il vento non muove nemmeno uno dei suoi capelli scuri, tagliati a spazzola e tirati su con quintali di gel. Sembra il cantante di un gruppo pop anni ’80.

“Va bene, questa sera zio Billi ti racconta un altro dei grandi segreti del mondo..ma vorrei che tu comprendessi una cosa, cosa ti ho detto un po’ di tempo fa? Ricordi?”

Alessandro lo guarda con aria imbronciata “..ne hai dette tante, non ricordo..”

“Ti ho detto che la maledizione che portiamo dentro, non è una roba tranquilla. Non la chiameremmo maledizione se fosse come essere iscritti al Rothary..non credi? E soprattutto ti ho detto che noi abbiamo dei nemici..ricordi, dei nemici..quindi se non ti dico tutto è perché penso che sia meglio per te..”

“Perché non ti fidi di me, di’ la verità?” Alessandro sembra in preda a una forma di complesso di persecuzione dovuto a qualche bicchiere di troppo.

“Mi fido, mi fido..questione di sangue..ma non sei ancora pronto a fingere e non sai ancora bene come vivere la tua nuova condizione..se cadessi in mano nemiche..saresti l’anello debole della compagnia..”

Alessandro non sembra convinto e sta per fare altra polemica, ma Billi lo blocca anticipandolo “allora ti interessa sapere ‘sta cosa oppure vuoi rompere i coglioni sino a domattina? Eh!?”

Il tono della voce di Billi sembra placare le ansie di Alessandro, il quale si rituffa nella poltrona.

“Dobbiamo essere in sette, sette maledetti per fare una bella festa…”

Il suono di queste parole produce uno strano eco che, una volta terminato, rende ancor più pesante il silenzio rimasto.

Matteo batte sulla spalla di Alessandro e si alza “ragazzi, vado a dormire con le mie gambe finchè ci riesco.”

Anche Jean Pierre si alza, con una lieve sbandata e s’infila dentro.

Alessandro sta pensando, le parole di Billi hanno fatto partire il primo mattoncino del Big Domino Rally. Poi sbotta “festa, che festa?”

Billi sorride “per oggi ho finito con i segreti..fattelo bastare”

Matteo prende le braccia di Alessandro e fa per tirarlo su dalla poltrona.

Alessandro si lascia mettere in piedi mal volentieri e poi Matteo gli dice “guarda che nemmeno noi conosciamo ‘sta cosa, la sa solo Billi..”

“E non siete curiosi?” reagisce Alessandro

“Sì. No, boh..” Matteo sembra indeciso poi continua “..certe cose hanno una doppia natura..saresti curioso di conoscere il giorno preciso della tua morte, ad esempio?”

Alessandro sembra annuire.

Matteo gli dà una lieve spinta, facendolo ricadere sul divano e poi gli fa “ma va…! Ragazzi abbiamo trovato un altro fante di cuori..” poi accorgendosi di aver detto una cosa di troppo rientra subito in casa, quasi scontrando Agostino che invece esce sul terrazzo “se volete stare a dormire qui fa pure, le coperte sono la sotto..”.

Billi rientra in casa, Alessandro si è addormentato.

Agostino lo copre con il plaid “eh, ‘sti ragazzi non reggono più l’alcool..”

Jean Pierre, non senza qualche difficoltà, riesce a scendere le scale e a riguadagnare il carrugio. Mette le mani in tasca per prendere le chiavi di casa e così tocca qualcosa che non pensava di trovare.

Lo tira fuori.

E’ un biglietto di carta piegato tante volte. Per curiosità spiega il biglietto scritto a mano con una calligrafia piacevole e ordinata.

Si mette a leggerlo.

Polpo alla brace alla Agostino (con polenta), ingredienti per due persone:

-1 polpo di medie dimensioni o 2 piccoli

- 1 lime

- Miele d’Acacia

- Zucchero di canna

- Un mazzetto di prezzemolo

- Olio di semi, sale e pepe quanto serve

- Della polenta già cotta, ma fredda.

Metti il polpo, che devi aver pulito precedentemente in una terrina con olio di semi un cucchiaio di miele e un cucchiaino di zucchero di canna. Strizzaci dentro il lime, aggiungi sale e pepe e il prezzemolo tritato. Se non ti fa schifo, con le mani fai amalgamare bene la marinatura e lascia il polpo così in ammollo, per un paio di ore (in frigo).

Tiralo fuori dal frigo e fallo andare sulla brace, assieme alla polenta tagliata a strisce stile monolite di 2001 Odissea nello spazio.

Se non ti piace è perché hai sbagliato le dosi…se poi vuoi metterci a marinare anche del pollo e dei gamberetti, io non mi offendo..

Agostino il Re di quadri ;-D "

Jean Pierre sorride, apre il portone di casa e una bastonata lo stende poco dopo la soglia.

mercoledì, agosto 26, 2009

Korniglia tarocco

Maledetti cinesi!

Ancora un caso di pirateria cinese e questa volta perdonatemi se perdo le staffe,ma la cosa mi riguarda da vicino.

Hanno taroccato pure “Korniglia” il nuovo romanzo del mio amico Selaschetti, pubblicato a puntate su questo blog. Non basta a questi arroganti neocapitalisti di farsi beffa dei poveri Vuitton Luis e Chanel Numero 5, a colpi di scorrettezze, adesso si mettono a copiare anche gli instant book di poveri manovali della scrittura.

Ho trovato questo indecente tarocco in un’edicola della stazione di Cuneo, nella vetrinetta posteriore, tra una copia di “Armi e Giocattoli” e “Rumeno per tutti”.

Almeno il titolo lo hanno cambiato, ma il riferimento è assolutamente preciso: “Kiavari, Kamogli e Arma di Takkia”.

Ho dato un’occhiata di sfuggita alla fine per capire il tipo di lavoro che c’è dietro. Inutile dire che si tratta di un lavoro da 4 soldi (2 Euri e 75 per la precisione), eccovene l'esempio:

Billy guarda il mare dalla grande terrazza sospesa. Sono soli lì, lui e il suo grande amico Agostino, i cui capelli rossi crespi sono in balia del vento e di un attacco feroce di alopecia areata.

Billi guarda Antonio e gli dice “Agostino ma che schifo di capelli c’hai oggi?”

“Saranno belli i tuoi in Moplen!” risponde Emilio.

Billy sorride della reazione del suo amico. Una folata di vento porta lontano il suo tupè. Billy fa solo in tempo a vederlo cadere nel lago.

La prima neve cade sui due pelati.

“Abbracciami Eustorgio” dice Agostino.

Billy s’irrigidisce per un istante, poi gli fa “Aspetta, aspetta…tirami il pollice dai!”

Angostiro risponde “non vorrai mica farmi quel vecchio scherzetto da militare eh?!”

“No te lo giuro!” fa Billy e poi aggiunge “tira, tira!”

Agostino esegue e un rumore come di trombetta, assieme a un certo odore di stallatico invade la scena.

“E adesso dove vai?” fa Agoscino a Belli Capelli.

“Vado a casa…non seguirmi..” risponde quasi balbettando il detupeato.

Agostino osserva Billi, il suo grande amico Billi, allontanarsi con una strana andatura.

Tiene le gambe molto strette.

Troppo.

venerdì, agosto 14, 2009

E con questo si chiude: torniamo a fine agosto.
Chissà se Korniglia, dopo essere stato il romanzo più caldo dell'estate, diventerà quello più malinconico dell'autunno.
Vedremo...

A proposito se siete nuovi e volete leggerlo dall'inizio eccoi un link che dovrete percorrere a ritroso..cliccate qui.

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Ci sono 379 uomini nascosti sotto il piccolo bosco di castagni.
Aspettano che le nuvole coprano la luna, in modo da piombare di sorpresa e uccidere il maggior numero di persone, armate o no.
“Hommine, fije, quivi stiamo e spettiamo la hora perfecta.” Sussurra un uomo sulla trentina con l’elmo calato sulla testa che gli lascia uscire solo la bocca. Ha in mano una grossa balestra già caricata con una freccia.
Gli altri, quelli a lui più vicini, ascoltano il messaggio e lo passano a quelli più lontani, mantenendo il tono di voce basso.
“Si Deus Volet Mostraremo a Carpena Quid Segnificat Tradere Genua” continua l’uomo con l’elmo.
Anche un uomo in disparte, vestito con una tunica blu, stretta in vita da una cintura carica di coltelli, riceve l’informazione. Ha i capelli lunghi e di un nero stranamente lucente.
Gli altri lo scansano perché hanno paura di lui e della sua strana lingua.
Quando sono sbarcati a Vernazza dalla galea che li ha portati direttamente da Genova, lui non c’era. Si è unito alla compagnia di ventura, voluta e costituita da Teodoro il Paleologo, poco dopo la partenza verso Reggio, la grande abbazia da cui si domina tutto il tratto di costa sino al Mesco.
Molti della compagnia lo scambiarono per uno dei tanti spezzini che si sarebbero uniti a loro poco prima di arrivare sulla Sella La Croce. E poi calare giù, assieme, sino a Carpena.
Devono radere al suolo il borgo in cambio dei talleri d’argento promessi dal Capitano della Repubblica.
La sua prova d’arte per essere accolto nella brigata è stata quella di centrare un bersaglio con tutti i 9 coltelli di varie forme e dimensioni che si porta dietro agganciati alla cintura. Ce n’è pure uno a forma di mezza luna.
Il comandante sorrise quando gli vide compiere questo gesto: ha bisogno di uno così per eliminare le vedette sparse intorno a Carpena, sulla strada maestra che passa per questo borgo. Uno veloce, silenzioso e letale. Poco gl’importa quindi se quell’uomo parla una strana lingua e si fa comprendere, nelle scarse occasioni in cui ne ha intenzione, con dei gesti.
Carpena non è lontana ormai dal piccolo bosco di castagni in cui si trova la brigata. Basta percorrere uno dei numerosi sentieri che scendono verso la via del sale, attraversando i boschi che ricoprono le colline dell’entroterra. Di solito costeggiano dei torrentelli o dei ruscelli, pieni d’acqua solo in autunno.
Una volta raggiunta la via del sale la si deve risalire per qualche lega e poi, appollaiata su un terrapieno da cui si domina la valle sottostante appare Carpena e la sua grande rocca fortificata.
Tutto intorno al borgo una cinta di mura, non molto alta, si apre in due punti: Porta San Biagio e Porta del sale.
Dietro al grande portone che tiene chiusa Porta del sale, intarsiato con un trittico raffigurante la discesa di Lucifero all’Inferno, opera di artisti provenienti da Pisa, un anziano dalla barba lunga e bianca si siede per terra. Tira fuori da una sacca del formaggio e del pane e inizia a mangiare con estrema compostezza, nonostante abbia vestiti sporchi di polvere e la situazione non sia delle più comode. Dall’alto della porta, nella garitta dove si apposta la guardia a vista, scende un tipo giovane con in mano un bastone sulla cui sommità c’è una sorta di bicchiere in ferro.
Il giovane sembra turbato e si leva l’elmo di ferro che gli dà fastidio. Osserva il vecchio mangiare con calma e si sente come attratto da quella figura che non aveva mai notato nel paese.
“tienes paura Histebano?” la voce del vecchio rompe il silenzio.
Il giovane si volta per scorgere il volto dell’anziano percorso dai riflessi delle torce.
“Me conosces?”
L’anziano annuisce, porgendo un pezzo di formaggio.
Il giovane rifiuta con un mezzo sorriso. Poi appoggia lo strano attrezzo che teneva in mano alla parete e si siede accanto al vecchio.
“Tu es vicario o sacerdozio?”
“No, Histebano, ego no sum ni vicario ni sacerdozio”
“Malasorte! deber mihi confessar” il giovane si porta le mani al volto poi come ridestandosi aggiunge “tu qui est?”. Il giovane vorrebbe avere vicino un prete per confessarsi o anche un notaro per fare testamento. Un qualcosa del tipo “nell’anno domini 1411, ego Histebano Guglielmo Mariconda lascio tutti mei ahveri a sorella Letizia in San Miniato.” Ma così non è.
Il vecchio sembra indugiare, il giovane ripete utilizzando una forma meno volgare “Quid est?”.
Ma il vecchio, che in realtà aveva già compreso la richiesta, indugia perché una serie di pensieri si sono fatti pressanti.
“Ego sum Taliesino, y vengo da nord...da un insula del Nord”
“Me conosces?” il giovane fissa il vecchio negli occhi, per un attimo resta sorpreso dai suoi occhi chiari percorsi da lampi velocissimi. Poi, pensando che i lampi non siano altro che i riflessi delle torce accese tutt’intorno, torna a tranquillizzarsi.
“Si, ego te conosces e sabes che tibi temere mortem”
Il giovane si mette a piangere, portandosi la testa tra le mani. E’ schiantato dal pensiero della battaglia che sta per arrivare, dal fatto che dovrà accendere il petrinale, quell’arnese con quella polvere del demonio che ogni tre per quattro invece di esplodere mandando la palla di piombo a infilarsi da qualche parte davanti a lui, finisce nel cranio o nel corpo del suo possessore. Lo ha già visto succedere ai suoi compagni di sventura e questa immagine è così vivida che non riesce più a togliersela di dosso.
Proprio per raccogliere l’eredità di uno di questi, morto con il cranio in pezzi, hanno dato il petrinale a lui.
La campana di San Martino scocca le nove, il cielo è scuro senza luna, adesso.
“Histebano si tu velle immortalitatem ego tibi dare!” il vecchio alza il tono della voce e con la mano alta e aperta si alza e si avvicina al giovane, che resta sorpreso da questo gesto repentino e per un istante tenta di reagire. La sua tunica, come mossa da forze estranee alla realtà, si agita e le figure sopra disegnate sembrano prendere vita.
Il giovane con voce tremante tenta di gridargli “..sei lo dimonio?”, ma il tono non gli esce forte come vorrebbe, si sente in qualche modo stregato dal vecchio che ha di fronte sopra di lui. Intorno a loro il silenzio sembra totale. Una folata di vento gelido riscopre la una e il giovane scorge nuovamente gli occhi del vecchio. Ha di nuovo la sensazione di scorgervi un guizzo dentro.
“No ego no sum Lucifero, sed conosces illo…Histebano ego velle tibi mostrare esto arcano..”
Il giovane tenta un ‘ultima reazione ma non appena la mano dell’anziano, come avvolta dalle fiamme, gli si avvicina al volto, viene assalito da un terrore che lo paralizza.
La mano del vecchio torna a essere solo la mano del vecchio scoprendo un pezzo di pietra ovale, simile a un uovo percorso da venature fosforescenti.
“Serbat esta petra e ferat mihi post bello que hic habremus esta nocte.”
Il giovane con una certa titubanza prende il pezzo di pietra come ubbidendo a un ordine soprannaturale.
“Portamelo dopo la battaglia, ricorda!” il vecchio ripete la richiesta in volgare.
Il giovane vorrebbe chiedere mille cose tipo “dove ti ritroverò per consegnarti questa cosa?”, oppure “di quale battaglia parli?”, ma il vecchio tira fuori un altro pezzo di materia molto piccola (pare un pezzo di osso o comunque una pietra levigata molto piccola) e gliela porge.
“Tenet Histebano, hoc est immortalitatem, comes! Mangia!” il vecchio accompagna il discorso facendo il gesto di infilare in bocca l’oggetto.
Il giovane non sembra convinto di eseguire.
“Mangia!” gli occhi del vecchio diventano due lingue di fuoco, nel momento stesso in cui il giovane ingoia il piccolo pezzo di materia indecifrabile un urlo interrompe il grande periodo di silenzio. Dalla torre di guardia un uomo precipita con una freccia conficcata nel collo.
Il giovane inghiotte preso dal terrore: l’uomo è una macchina puntata sulla sopravvivenza.
E la speranza ne è la benzina.
Il vecchio osserva il giovane come un bambino guarderebbe un animale allo Zoo, da dietro le sbarre.
Il rumore degli assedianti si leva alto. Sono già sotto le mura. La brigata di guardia lancia l’allarme e una serie di giovani più o meno armati si appresta a occupare le garitte, i passaggi alti sulle mura e le feritoie.
Anche il giovane, dopo un periodo d’indecisione, come un giocattolo caricato a molla, si appresta a fare quel che deve.
Ma proprio mentre cerca di afferrare il petrinale, quel lungo arnese d’offesa, sente la testa girare e di colpo venirgli meno le gambe. Sente un fiume di lava scorrergli nello stomaco.
Si gira verso il vecchio tentando di gridargli “maladetto!”.
Crolla per terra in un secondo.
Il vecchio si avvicina come per controllare lo stato del giovane. Gli getta in faccia e sul corpo una sostanza liquida dal colore scuro.
Poi sembra sparire nel nulla.

giovedì, agosto 13, 2009

Roba forte


Giuro che sta roba è vera.

E' uscita oggi sul corriere se non mi credete cliccate qui.

Parla incidentalmente di un'artista scomparso nel 1984, uno scultore definito "anarchico e atipico", il cui nome era Roberto Bernacchi (da non scambiare con Barnacci, ovviamente). Una delle opere di quest'artista ha causato talmente tanto scalpore da essere posizionata il più lontano possibile dagli sguardi della gente.

L'opera in questione s'intitola "Vulva di marmo imbullonata" e come potete notare dalla sua foto è abbastanza autoesplicativa.

Ebbene lo volete sapere dove è stata collocata?

In una casa di riposo.

Ecco, secondo me questa è vera arte: cosa c'è infatti di più simbolicamente corretto per un anziano, alla fine dei suoi giorni, di osservare quotidianamente una bella "vulvona tutta imbullonata" ?

Fantastico, sublime. Adesso per par condicio ci vorrebbe un'altra opera: "lo scroto blindato"

lunedì, agosto 10, 2009

Korniglia per adulti

Dato il contenuto esplicito della 4a puntata di "Korniglia", il romanzo dell'Estate più torrido dell'Estate appunto, lo trovate cliccando qui, ma dovete giurarmi sulla vostra baby sitter che siete maggiorenni, eh?!

venerdì, agosto 07, 2009

Taitanic: il Trans Atlantico dell'ammore

Lo so, non dovevo, ma l'ho fatto lo stesso.
Ho ceduto alla tentazione e ho acquistato una versione taroccata di Titanic da un ambulante cinese: "Taitanic, appunto". Ma tutto sommato non mi è andata così male.
A parte la copertina del DVD contenesse la locandina di "I cannoni di Navarone" (ma a essere pignoli a veder bene, sullo sfondo, due navi ci son pure) e al posto del film vi fosse una sorta di fotoromanzo con delle immagini fisse seguite da il testo recitato (credo) dagli attori, non sono dispiaciuto dell'incauto acquisto.
La trama infatti ricalca completamente quella dell'opera originale: un vacanziere genovese, con un passato da Assessore provinciale di area DC, propone alla famiglia un viaggio in nave. Moglie e figli s'imbarcano così all'insaputa del turpe piano del capofamiglia che, in cambio di un posto in seconda classe (poltrona letto), arruola il parentame tra il crew di bordo. La moglie viene così costretta a fare le pulizie delle cuccette, mentre i figli vengono messi a fare gli ascensoristi con tanto di livrea e cappellino da classico liftman di albergo americano. Poi di colpo il colpo di fulmine: scocca l'amore tra l'ex Assessore area DC e una ragazzona dalle forme decise di nome Patrizia. Sulla nave tutti conoscono l'atroce segreto del Patrizia, ex camallo del porto di Genova, travestito per passione e soprannominato il "Trans Atlantico dell'ammore".
La scena madre vede l'ex Assessore abbracciato alla sua Patrizia sulla prua della nave, mentre punta decisa verso il suo destino. Rispetto alla versione originale l'uomo sta davanti, mentre Patrizia sta dietro e invece di "I'm the king of the world", lei dice a lui "Guarda un iceberg", lui, chinandosi dice "Dove?".
Un primo piano stupito sulla faccia di lui fa comprendere la forza della penetrazione con questo grande oggetto imprevisto.
Il suono della sirena della nave copre l'urlo del povero ex Assessore provinciale in area DC, mentre affonda nel gorgo della passione.
All'arrivo del Taitanic a New York i due si sposano. La famiglia dell'ex Assessore, vien venduta come cavia di farmaci anticolite al mercato nero di New Orleans.
E' il trionfo dell'ammore vero senza pregiudizi e legami sovrastrutturali dettati dalla Società.
Quasi un Fassbinder del 2000.
Mi è piaciuto molto di più della versione originale.
Peccato mi abbia distrutto il computer..

giovedì, agosto 06, 2009

martedì, agosto 04, 2009

Korniglia: l'affare s'ingrossa!

Vi siete persi le prime puntate di questo affascinante Romanzo? Cliccate qui.

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“Parlo di quel pacco enorme di mariuana che il tuo amico ricchione ti ha portato qua dentro. Perché è qui che sta adesso non è vero..?”

Alessandro sente arrivare queste parole dalla stanza del bar. Pensa e se anche lo fossi un po’ ricchione?

Poi veloce compone 123456787654321 sul telefono scassato, un vecchio telefono, forse il primo con una tastiera al posto di quelli con la Ghiera che quando la si usava faceva tottotottotò per ogni numero. Senza alcun rumore meccanico o di movimento alle sue spalle si apre una delle pareti, si sposta con incredibile velocità una lastra spessa almeno un metro, lasciando intravedere molto lontano una luce.

Alessandro s’infila nel corridoio scuro e avanza verso la luce, raggiunta una fotocellula la grande lastra alle spalle si chiude e dopo qualche istante una serie di luci al led illuminano la strada. Dietro di sé sulla grande lastra appare un piccolo monitor LCD che si accende all’istante. Vede la gente nel bar e il Maresciallo. Non c’è Audio. Resta un attimo a pensare poi pensa “Matteo se la caverà come sempre, tanto il Maresciallo pensa solo alla droga. Di questa roba nessuno si preoccupa qui a Corniglia.

Alle pareti del corridoio che alterna pezzi di roccia umida a tratti in mattone e pietra lavorata scorge alcune scritte tra cui “viva la figa” e il simbolo della pace e quello dell’anarchia.

Sente dei rumori in lontananza, verso la luce, così affretta il passo. Una bella discesa da fare.

Dopo almeno n centinaio di metri il corridoio si apre.

Entra in un enorme atrio. Conta mentalmente i portoni che vi si aprono. Sono 7, lui sceglie quello sotto il Leone di marmo. Sul portone c’è una scacchiera. Preme due tasti, come se spostasse un immaginario pedone due caselle avanti. E’ un’apertura di donna.

Senza alcun rumore, di nuovo, un meccanismo invisibile fa aprire il portone.

Un mare di luce avvolge Alessandro e una folata di aria fresca lo investe.

Un enorme spazio pieno di alberi con al centro un laghetto pieno di ninfee.

Sul soffitto a metri di altezza, sette lucernari lasciano entrare la luce dall’esterno. Forse c’è un tipo di specchio ad aumentare la forza della luce perché sia pur chiusi da qualche parte nel sottosuolo, la luce sembra quella di un tiepido sole di maggio.

“Sandro ti stavo aspettando!” una voce lo desta per un attimo.

Alessandro si volta verso il grande prato dietro all’Acero canadese dalle belle foglie rosse.

Vede un vecchio dai capelli bianchi molto lunghi.

“Jean Pierre mi hai fatto cagare addosso..”

“Scusa, sono venuto in Serra di Sotto perché volevo vedere come vanno le nuove piante di pomodoro..”

“E come vanno, bambino mio?

“Bene, anche quest’anno faremo una grande passata..così Agostino sarà contento..”

Jean Pierre lancia un pomodoro cuore di bue ad Alessandro.

“Pomodori a Gennaio..non mi abituerò mai a questo prodigio” Alessandro da un morso al pomodoro e una goccia di liquido e qualche seme gli cola dal labbro. Mette su un’espressione compiaciuta.

“eh già, qualche vantaggio dobbiamo pur averlo con tutto quello che la sorte ci ha tirato in testa”.

“E poi chi mangia sano campa cent’anni” Alessandro sorride.

“Anche di più direi..” Jean Pierre s’incupisce poi aggiunge “peccato non averlo scoperto da subito…”

“hai saputo del nuovo arrivato?” dice Alessandro

“Sì, ho visto Ago portarlo nel canile..”

“E’ vivo quindi?”

“Sembra di sì, Billi dice che se la caverà”

“Strano modo di arrivare a Corniglia”

“Chissà se ci voleva venire..secondo me è cascato da qualche nave e gli è andata bene che la corrente lo abbia scaricato giù alla Marina..”

“Sì hai ragione, forse hai ragione..”

“Ti fai un bagno?” Jean Pierre sorride.

“No, grazie devo andare da Billi..Matteo mi ha dato la sua scorta..”

“Allora, ecco cosa volevo dirti che mi è passato di mente.. senti devi farmi un piacere..”

“Sì certo, cosa?” Alessandro si mette il pacco d Maria sottobraccio e si predispone all’ascolto.

“C’è un nuovo gruppo che ho ascoltato alla radio..e mi chiedevo se riesci a tirarlo giù da internet…”

“Si..Va bene, come si chiamano?”

“Dinosaur Jr…”

“Ok. Ti scarico tutta la discografia” risponde Alessandro

“Grazie! Ti metto da parte dei fiori di zucca, domattina.”

“Dalli ad Agostino che ce li fa fritti con le acciughe..adesso mi stendo un attimo lì sul prato..non ho dormito granchè e preferisco starmene un po’ lontano dal mondo, abbiamo visite”

“Chi c’è? Il Maresciallo?” chiede Jean Pierre.

Alessandro annuisce.

Jean Pierre ride, scuotendo la testa e la sua enorme massa di capelli bianchi. Vorrebbe aggiungere con voce solenne “la legge terrena è ben poca cosa rispetto a tutto quello che c’è qui” ma la voce non gli esce per pigrizia. L’osserva sdraiarsi sul prato.

Quando Alessandro riapre gli occhi gli sembra passato poco tempo.

Si alza e non vedendo nessuno, dopo essersi stirato e levato di dosso qualche ciuffo d’erba prende il sentiero che costeggia il lago sino alla cascata: un enorme getto di acqua che esce da una fessura in alto sulla parete rocciosa. I leggeri fumi che si alzano tradiscono la temperatura calda dell’acqua. D’istinto allunga una mano e il piacere di quella tiepida umidità lo rapisce per un attimo. Tiepida al punto giusto non calda.

Il rumore di schizzi lo fa voltare e così vede Jean Pierre completamente nudo, a parte una serie di enormi tatuaggi dai colori sbiaditi, tuffarsi e sparire nell’acqua profonda del lago tiepido.

Dietro alla grande cascata un minuscolo passaggio gli consente di passare.

Sente un lieve fastidio alla testa. Sa che cos’è come tutti gli altri del resto.

Affretta il passo verso la medicina.

Dietro la cascata, nascosto da questo schermo rumoroso fatto d’acqua vede un lungo corridoio in salita.

Più di 50 metri dopo, aziona una leva e una lastra pesante di cemento si muove con la leggerezza di una ballerina alla Scala.

Ci fosse qualche ritardatario in questo luogo dai pensieri in solitudine, di sicuro rischierebbe un infarto, vedendo un giovane dalle gambe lunghe aprire il sarcofago in marmo di Carrara in cui dovrebbe riposare celato il Cavaliere della Croce di Malta Tommaso Servidei Truffello.

E invece Alessandro, richiuso il sarcofago e aperta la porta della Cappella, esce dal cimitero e si avvia verso il Canile, una costruzione disadorna e sghemba in cui sovente venivano, una volta, ricoverati i cani da caccia, poco fuori il centro abitato.

Nel cielo la luna ha preso possesso dei suoi appartamenti.

Giusto un secondo di titubanza per scorgere, grazie alla luce tenua che filtra dalle nuvole scure, la tempesta rendere bianco il mare e farsi venire in mente per un secondo quella poesia che fa “o aperti ai venti e all’onde liguri cimiteri”.

Non c’è traccia di Carabinieri in giro.

Un pensiero di colpo lo tormenta: il nuovo arrivato sarà uno dei nostri?

Poi Alessandro, tirandosi su il bavero per coprirsi dal vento freddo, scende la ripida scalinata che dal cimitero porta verso il paese come un corpo in balia della gravità.

domenica, agosto 02, 2009

Lo faccio anch'io!

Oggi sono stato in un parco giochi con annessa zona BBQ e balera pomeridiana.
Praticamente il supermercato dl divertimento per tutta la famiglia allargata (compresa di nonni, cioè). Mentre i miei figli rimbalzavano sui gonfiabili, ho avuto la possibilità di assistere alla partenza di "Michi e i balordi" un'orchestra di liscio, così almeno credevo. Si trattava in realtà di un solo personaggio dotato di mixer e di basi su cui ogni tanto ci canticchiava sopra, molto più spesso invece si limitava a introdurre i brani, aggiungendovi qualche dedica.
Mi son detto: "lo posso fare anch'io, cribbio!"
Così è partito il progetto che mi porterà da qui alla pensione e oltre, se l'ugola e la prostata mi reggono.
Primo passo trovare il nome, ci vuole un qualcosa in linea con il target della terza età.
Ecco dunque una serie di possibilità (se avete preferenze o suggerimenti fatemi sapere mi raccomando):
- Silvio e le sue Escort(S)
- Johnny Algasive
- Tony e la sua pioggia dorata
- Lino Panno e Rina U.
- Dino e il bicchiere sul comodino
- I magnifici incontinenti

Vai con la mazurka quindi..