mercoledì, ottobre 24, 2012

Recensione dei METZ

Ne avevo proprio voglia di scriverla.


Metz rock

Metz – s/t (Sub Pop, 2012)
[di Mario Selaschetti]
Mi son preso proprio un bel calcio nel culo quando ho sentito attaccare  “Headache”, il brano di apertura, dell’album di esordio dei Metzdal titolo omonimo – un gruppo canadese sotto contratto con la Sub Pop (ma questo non è significativo e ne parlo dopo).
Ecco ce l’ho fatta a scriverlo tutto così bello, sintetico e diretto. Non è stato facile perché quel calcio mi ha fatto frizzare lo scroto come fosse diventato di cristallo e mi ha costretto a dire e a scrivere: “e che cazzo era ora, bravi Metz!”, mentre le mie balle facevano din-don-dan. Eh sì era ora di risentire un po’ di sana adrenalinica tensione musicale, costruita con parti ritmiche davvero commoventi (nel senso di capaci di provocarti una impellente voglia di dimenarti e fare del sano headbanging, cervicali da vecchio giocatore di Playstation permettendo).
Bei pezzi davvero anche “Get Off”, “Wet Blanket” e “The Mule”, ma in generale funziona tutto l’album.
Mi han fatto tornare in mente tutto quel bel profumo di compilation Amphetamine Reptile (niente a che fare con roba da catalogo Sub Pop), con gruppi ruspanti e grezzi nell’arte di utilizzare un ampli valvolare. Penso a Helmet o Killdozer ad esempio.
Non manca un riferimento al Cardinale del suono, sua eminenza Steve Albini e alle sue diverse creature, soprattutto nei riff granitici e nelle diverse martellate ritmiche presenti nell’album.
La psichedelia è presente, tranquilli, con tutto il suo carico di feedback: non manca nemmeno il rumore delle molle del riverbero dell’ampli lasciate sbattere con forza. Energia a profusione e suono saturo dunque, ma sempre molto ben definito: forse il maggior contributo della modernità al sacro altare della psichedelia industriale. Un po’ come fare a pugni o una rivoluzione, mantenendo sempre una buona dose di classe. E questi dannati fucilieri canadesi mostrano di avere un bel sacco di quella  caratteristica che in guerra si sarebbe definita “grace under fire”. E per questo ci prendono un po’ tutti a calci nel culo.
Ma non vorrei per questa frase essere considerato un po’ troppo choosy


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