martedì, marzo 18, 2008

Racconti solubili #5 (parte 1)

Disperazione.
Alla fine, dopo un po’ di bei ragionamenti, penso che tutto questo sia dovuto alla disperazione.
Mi tengo solo un piccolo spiraglio, ma bisogna essere onesti con sè stessi: io scrivo per disperazione.
Sono arrivato alla soglia dei 40 anni e non mi sento più il protagonista della mia vita. Lavoro per una banca e ho due figli. Dovrei essere appagato (quanto meno, tolto il mutuo, c’è di che campare), ma non vedo più occasioni di crescere sul lavoro e i miei figli crescono da soli, insomma il mio è ormai un ruolo da comprimario. Così cado spesso in depressione da mancanza di scopo e sono preda facile per la grande Noia Nera: quel sentimento fastidioso che di solito si prova alla domenica verso le 17 e 30, circa.
Intendiamoci credo di essere attento ai miei figli, ma non li sento, ancora, come la mia missione principale. Consideratemi male, ma per me è così, mi ritengo ancora un individuo con delle esigenze e dei desideri distinti da quelli del genitore (sui cui doveri sono comunque attento). Così un’estate in ferie, come spesso mi accade quando ho tanto tempo per pensare, ho ripreso a scrivere. Cercavo ancora un motivo per tornare a sentirmi l’attore protagonista e non cascare ancora nella depressione. Ma non avevo molta fiducia e a essere sincero c’era una voce nella mia mente che mi diceva: “ma cosa fai…? E’ tutto inutile..” Come dargli torto del resto: ho fatto tanti tentativi nel corso degli anni ma mi sono sempre fermato quasi subito. La mia casa è piena di tentativi di romanzi, d’inizi stentati lasciati ad ammuffire dopo al massimo una decina di pagine…sempre per colpa di quella voce dentro. Questa volta però, forse grazie all’esperienza di me stesso che deriva dalla maturità, o dall’aumentata depressione, mi sono imposto di scrivere dei racconti brevi e così ho iniziato a buttare giù qualcosa. Non mi sono stufato subito, visto che le storie si concludevano in poche pagine e anzi ho continuato a scriverne un po’: oggi ne ho messe insieme già una decina e costituiscono uno dei motivi per cui tengo la depressione e la Grande Noia Nera fuori di casa qualche giorno in più alla settimana. Grazie a loro ho qualcosa da proporre ai mie amici in cambio della loro attenzione. Mi sento un artista. Quando al lavoro le cose vanno male mi dico “non importa tanto tu sei un artista, non farti buttare giù”. Lo so sono uno stupido illuso. Ma mi preferisco così che depresso e in mano alla Grande Noia Nera.
(continua...)

1 commento:

Anonimo ha detto...

..ma allora il tè delle cinque e mezza di domenica ti serve a scacciare la Noia Nera? ^__^
Battutaccia a parte, ti leggo (anche se saltuariamente) con piacere e curiosità…e desideravo dirtelo.

Daniela