domenica, maggio 04, 2008

Racconti solubili #8 (parte 2)

Qui a sinistra, adesso: una testa, mi sembra una testa che si piega, ma è troppo innaturale e il vento la riporta a essere forse un alberello di felce.
Non ho sempre avuto paura di avanzare in quel corridoio lungo. La piccola madonnina votiva, con il suo lumicino, era la mia stella polare nel buio: ancora un passo e c’era il bagno.
Niente stelle stasera, avanzo con la mia ansia crescente. La luna è piccola, giusto un bagliore che anima le ombre di questo bosco.
Mi sembrano due gambe nel vuoto, che dondolano, quelle lì..
Quella sera non dovevo essere sveglio in quel corridoio, di fronte alla camera dello zio.
Qualcosa scricchiola qui dietro, mi volto di scatto.
Nulla, ma il cuore è già andato via.
Quella sera non dovevo essere sveglio in quell corridoio. La porta della camera dello zio scricchiolando si aprì per una corrente d’aria. Anche allora c’era vento fuori.
E fu così che la vidi.
La vedo ancora, adesso, di fronte a me, poco sulla destra. Dura un attimo la sensazione poi la sagoma incappucciata ritorna a essere un’ombra mossa dal vento.
Quella sera era lì, con la sua preda. Strappava fuori l’anima dello zio dalla lingua, che dallo sforzo di resistergli si dibatteva dando calci all’aria con quegli occhi iniettati di sangue, sul punto di uscire anche loro dalle orbite. Forse era entrata dalla finestra aperta, assieme a quella luce lunare che creava quella ombra che si contorceva nel vuoto. Poi un ultimo strattone forte e lo ha lasciato appeso alla trave del soffitto, a sbavare le ultime gocce di saliva della sua vita. Lei è rimasta ancora lì, poi si è girata verso di me. Mi aveva sentito. Mi ha guardato e mi ha fatto segno di tacere.
Non sono più andato in bagno di notte in quella casa.
Non sono più stato bene nel buio da quella sera in cui mio zio è rimasto impiccato.
Adesso il vento si è calmato. Vedo la natura tornare mansueta.
Riconosco la strada, sono vicino alla meta.
La luce del lampione a fianco del grande cancello di una delle tante proprietà che quella morte ci ha lasciato è sempre più vicina.
Mi giro verso il buio passato, un ultimo scherzo delle sagome di vento e ombra alle mie spalle.
Quello che prima sembrava la figura della morte con il suo triste capo coperto, adesso si è tolto il cappuccio e ridiventa quella faccia così troppo familiare.
Ancora un centinaio di metri e potrò entrare dentro.
Ma non sarò mai al riparo, lo so.
Non mi sentirò mai più a casa.
Perchè mio padre era nella stanza dello zio quella notte?

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